
Ad Umanske ho visto l'inferno. Per tre giorni di fila non ho chiuso occhio, sotto una valanga di colpi di artiglieria. Ma la minaccia peggiore sono i piccoli droni che entrano nelle trincee, nei blindati, «un incubo» racconta Vadim, veterano della guerra in Donbass fin dall'invasione del 2022. L'ultimo anno l'ha passato sui fronti più duri come Pokrovsk dove «ho visto soldati russi, che avanzavano verso di noi, talvolta con il mitra a tracolla, camminando con il busto eretto, come se marciassero - ricorda il capitano promosso sul campo - Sembravano impazziti, ma erano imbottiti di droga e destinati a morte certa».
Dopo tre anni di guerra l'ufficiale ucraino ammette che «per ogni ucraino ci sono 8 o 10 soldati russi. Abbiamo raschiato il fondo del barile. Nel mio plotone il più giovane aveva 36 anni ed io ne ho 59». Vadim scuote la testa quando ricorda il sangue e la follia della trincea: «Due uomini sono scappati, uno si è suicidato. Abbiamo avuto caduti e feriti. Non ci sento più da un orecchio e ho due schegge nella gamba. Uno dei ragazzi, completamente ubriaco, mi ha sparato contro una raffica. Sono vivo per miracolo. Un altro è quasi impazzito sognando ogni notte il russo che aveva visto in faccia prima di sparargli». Ogni giorno si contano oltre 250 attacchi alle trincee ucraine.
Un milione di morti e feriti è la terribile stima di tre anni di guerra con i russi che ne contano quasi 700mila. Negli ultimi mesi hanno perso punte di 800 soldati al giorno per avanzare lentamente, ma inesorabilmente. Nonostante 230mila uomini, però, gli invasori non sono riusciti a conquistare tutto il Donbass. Il 20% è ancora difeso, con le unghie e con i denti, dagli ucraini. E non va dimenticato che dal 2022 il piccolo Davide di Kiev ha strappato, con le buone o le cattive, al Golia russo dai piedi d'argilla il 50% del territorio occupato all'inizio dell'invasione. I droni sono la minaccia continua e incombente. Se non hai il sistema di disturbo elettronico montato sul tetto del veicolo sei un bersaglio ambulante. All'ingresso di Rodynske i mezzi semi carbonizzati ucraini sono il monito della caccia spietata dal cielo. La cittadina è ad una manciata di chilometri da Pokrovsk, la cittadina strategica nel sud del Donbass, semi circondata dai russi, che la martellano con i mortai. «Sul fronte orientale, le forze russe continuano ad avanzare - si legge in un rapporto d'intelligence - mentre le linee difensive ucraine hanno ceduto in diverse aree». Viktor, ufficiale della brigata 109 con baffetti e orecchini spiega che «i droni suicidi Shahed disegnati dagli iraniani volano a frotte sopra le nostre teste per dirigersi verso le città al di fuori del Donbass come Kkarkiv e Dnipro». Ogni giorno una media di 200 missili balistici e droni a lunga gittata vengono lanciati da una parte e dall'altra con gli ucraini che colpiscono in profondità sul territorio della Federazione russa e viceversa. La sirena dell'allarme aereo, lugubre come nella seconda guerra mondiale, è diventata un'abitudine. I centri in mano ucraina dove è rimasto il 30% della popolazione, sono disseminati da rifugi grigi in cemento armato. Boris Soroka, che si regge su un bastone viene evacuato da Dobropilya verso zone più sicure. «Sono anziano e malato, ma vorrei tornare a vivere come prima della guerra quando si stava bene - sogna ripetendo la parola mira - Tutti noi vogliamo la pace. È l'unica soluzione».
Dopo l'ennesimo allarme aereo a Kramatsorsk arriva il boato di una forte esplosione in lontananza. Una bomba scoppiata a mezz'aria o un missile russo intercettato ha fatto terra bruciata delle case con i tetti bassi di Sloviansk in un raggio di 200 metri. Le due cittadine sono la linea del Piave ucraina nel Donbass, dove tutto è iniziato nel 2014. I vigili del fuoco stanno spegnendo i focolai d'incendio fra le macerie fumanti delle abitazioni fatte a pezzi. Svetlana piange davanti all'abitazione distrutta: «Dove andrò con questo gelo ed i miei due figli di 6 e 15 anni?». Tatyana e il marito, che ha un cerotto sulla fronte, sono sotto choc. «Guardavamo la tv e le pareti hanno tremato come foglie - racconta l'anziana - I vetri delle finestre si sono infranti e mio marito è caduto a terra. Pensavo fosse morto. Basta, non ne possiamo più. È ora di finirla con questa guerra». La maggioranza della popolazione, secondo un sondaggio, vuole negoziare la pace.
Il 38%, in aumento rispetto ai mesi precedenti, sarebbe pronto a concessioni territoriali. Il capitano Vadim ammette che «molti soldati vogliono la tregua. Il cessate il fuoco ci permetterà di tirare il fiato, ma non possiamo accettarlo a qualsiasi condizione».
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