Tutto chiaro dal primo momento della guerra

Il 24 febbraio, giorno dell'attacco russo all'Ucraina, era tutto piuttosto chiaro: c'era un aggredito, l'Ucraina, e c'era un aggressore, la Russia

Tutto chiaro dal primo momento della guerra

Il 24 febbraio, giorno dell'attacco russo all'Ucraina, era tutto piuttosto chiaro: c'era un aggredito, l'Ucraina, e c'era un aggressore, la Russia. A spiegare le ragioni della guerra aveva provveduto lo stesso Putin nel lontano 2007, quando, intervenendo alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, mise candidamente in chiaro il proprio disegno: far rivivere l'impero russo, accedere al rango di superpotenza, contenere la diffusione della democrazia tra gli Stati ex sovietici, contrapporsi all'Occidente e ai suoi principi liberali. Non si può dire che Vladimir Putin abbia mentito, va detto che nessun governo occidentale lo ha preso sul serio. Il 24 febbraio tutto si prestava ad una lettura eminentemente (geo)politica. Poi, a confondere le già labili idee dei politici sono arrivati gli intellettuali: gli storici, i sociologi, i giuristi, i giornalisti «anticonformisti» Da quel momento ciò che appariva chiaro si è fatto opaco e la determinazione nel distinguere il male dal bene si è fatta relativa.

Qualcuno ha detto che la Russia ha doverosamente reagito all'incombere della Nato, come se aderire all'Alleanza atlantica o all'Unione europea non fossero libere e legittime scelte di uno Stato sovrano ma intollerabili provocazioni dell'Occidente. Come se l'indiscutibile umiliazione subita dalla Germania col Trattato di Versailles potesse giustificare l'Olocausto e la volontà di potenza di Hitler. Molti hanno invocato l'intervento dell'Onu, come se la Russia non avesse diritto di veto su ogni determinazione delle Nazioni Unite. Moltissimi hanno evocato il giudizio della Corte penale internazionale, che pure non è stata riconosciuta né dalla Russia, né dall'Ucraina e neppure dagli Stati Uniti. Allora «una Norimberga», hanno rilanciato. Anche in questo caso trascurando un particolare non insignificante: per processare qualcuno bisogna averlo tratto in arresto e per arrestare Vladimir Putin bisognerebbe vincere una guerra che, a differenza di quel che accadde con Milosevic, nessuno ha voglia di combattere.

Sono solo strepiti retorici, dunque. Mentre a ben guardare la questione politica era e resta fin troppo chiara. Così come l'Impero cinese minaccia l'Occidente con la forza del denaro, l'Impero russo lo sfida con la forza delle armi.

È evidente che siamo in gioco, è evidente con che squadra giocare. Storia e valori fanno di noi il cuore dell'Occidente, siamo soci fondatori del club europeo e la Nato, per quanto inefficace e impolitica possa sembrarci, è la nostra tazza di tè.

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