Ue pilatesca: sanzioni ad Hamas e ai coloni

Strette su terroristi e israeliani violenti. Tel Aviv e le bombe al fosforo bianco, Usa "preoccupati"

Ue pilatesca: sanzioni ad Hamas e ai coloni
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Dare un segnale concreto di sostegno a Israele e condanna al terrorismo di Hamas nell'Unione europea. Lo chiedono Italia, Germania e Francia, che propongono di imporre sanzioni ad hoc contro il gruppo autore della strage del 7 ottobre in Israele. In una lettera congiunta al capo della diplomazia europea, Josep Borrell, i ministri degli Esteri dei tre Paesi, Antonio Tajani, Catherine Colonna e Annalena Baerbock hanno espresso «pieno sostegno» alla proposta del Servizio europeo per l'Azione esterna di creare un regime di sanzioni ad hoc contro Hamas e i suoi sostenitori. «La sua rapida adozione ci consentirà di inviare un forte messaggio politico sull'impegno dell'Ue contro Hamas e sulla nostra solidarietà con Israele» spiegano i tre leader delle diplomazie europee. Immediata la replica di Borrell, che ha sottolineato come «nessuna opposizione» sia emersa ieri nel Consiglio Affari Esteri, dove alcuni Paesi hanno chiesto tuttavia anche misure per fermare la violenza dei coloni israeliani in Cisgiordania. Il Belgio vuole che l'Ue vieti l'ingresso ai coloni «violenti». Borrell ha annunciato che proporrà sanzioni anche contro di loro, per individuare una lista di persone responsabili delle violenze.

Il pressing per sanzionare i coloni arriva nel giorno in cui in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e in diversi Stati arabi, dal Libano alla Giordania, alla Mauritania, è stato indetto uno sciopero per protestare contro quella che viene definita «l'aggressione israeliana» e a sostegno dello stop immediato «degli odiosi massacri e dei bombardamenti contro i civili» a Gaza. Negozi chiusi, università ferme, qualche slogan pro-Hamas e contro l'Anp, il pressing del mondo arabo arriva alla vigilia del voto dell'Assemblea generale dell'Onu, che oggi si pronuncia su una nuova risoluzione per il cessate il fuoco, dopo la bocciatura in Consiglio di Sicurezza la scorsa settimana, a causa del veto degli Stati Uniti. La risoluzione dell'Assemblea Onu non è vincolante, ma gli Stati arabi sperano aiuti le trattative.

I negoziati, di fatto, sono in stallo. A favore del rilascio immediato dei rapiti ieri è intervenuto anche il viceministro degli Esteri russo e inviato speciale per il Medio Oriente, Mikhail Bogdanov, che ha avuto colloqui con diverse fazioni palestinesi, tra cui Hamas, sottolineando anche l'esigenza della fine delle ostilità, all'indomani della lunga telefonata tra Vladimir Putin e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Eppure Hamas ha ribadito che non c'è possibilità che gli ostaggi siano rilasciati vivi «senza un accordo sullo scambio di prigionieri e l'accettazione delle condizioni poste dall'ala militare di Hamas». L'intesa, al momento, sembra lontana.

La guerra, al contrario, procede sempre più dura. Le truppe israeliane sono ormai nel cuore di Khan Younis, per scovare il leader di Hamas: «Sinwar deve arrendersi o morire», dice il ministro della Difesa Yoav Gallant, mentre i terroristi non fermano il lancio di razzi su Israele e annunciano di prepararsi a costituire un Califfato islamico con Gerusalemme capitale. Ieri, vigilia del 66esimo giorno di conflitto, Hamas ha continuato a prendere di mira il centro di Israele, inclusa Tel Aviv. Un uomo di 45 anni è rimasto ferito a Holon. Un copione che si ripete dal Libano, dove proseguono gli attacchi di Hezbollah sul nord di Israele, che ha risposto uccidendo due miliziani e, nei raid su un'abitazione, anche il sindaco della cittadina di Tayybe, Hussein Mansur, 75 anni. «Israele deve rimuovere la minaccia di Hezbollah», ha spiegato il ministro Benny Gantz, ex capo di Stato maggiore, al segretario di Stato Usa Antony Blinken. Secondo gli islamisti libanesi sono 95 i suoi uomini uccisi dal 7 ottobre. E proprio nel sud del Libano, Israele avrebbe usato bombe al fosforo bianco il 16 ottobre, notizia che ha trovato conferme in un'inchiesta del Washington Post e per la quale l'amministrazione Biden si dice «preoccupata».

Sono ormai oltre 18mila i morti nella Striscia. Borrell sostiene che a Gaza non ci siano più rifugi.

Una delegazione di ambasciatori di Paesi del Cds Onu è in Egitto per visitare il valico di Rafah e valutare gli aiuti umanitari, mentre i camion prendono d'assalto i civili. Ma all'appello mancano Stati Uniti e Francia.

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