Gli ultimi colpi prima dell'era Trump. Il ruolo dell'Italia per l'ipotesi caschi blu

In vista dei negoziati, il leader Usa punta su Roma che si è detta disponibile all'invio di forze di pace

Gli ultimi colpi prima dell'era Trump. Il ruolo dell'Italia per l'ipotesi caschi blu
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Manca poco al 24 febbraio, terzo anniversario di guerra nel cuore dell'Europa, che ha provocato un milione fra morti e feriti sia russi (molti di più), che ucraini. Un mattatoio per fette risicate di territorio: ad oggi meno del 20% dell'Ucraina è occupato dagli invasori russi. La speranza che sia l'ultimo anno di guerra è paradossalmente dimostrata dall'aumento dei combattimenti per ottenere, da una parte e dall'altra, più carte e territorio sul tavolo delle trattative. Il presidente eletto, Donald Trump, ha ribadito, anche nell'incontro di sabato con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che vuole mettere fine alla guerra congelando la linea del fronte. Per questo, nonostante l'inverno, si è combattuto duramente negli ultimi mesi con un Natale di sangue e la prospettiva che il conflitto si intensificherà prima che Trump convinca ucraini e russi a sedersi attorno a un tavolo.

Le forze di Kiev, con un colpo di reni a sorpresa, hanno lanciato un contrattacco nella regione russa di Kursk occupata lo scorso anno. I soldati di Mosca aiutati dalla carne di cannone di 11mila nord coreani hanno ripreso il 40% del territorio perduto con il blitz a casa loro. Gli ucraini, però, continuano a mantenere il controllo della città di Sudzha diventata il quartier generale dell'ardita operazione nell'area di Kursk. L'area occupata servirà a ottenere qualcosa in cambio dai russi, quando si arriverà al negoziato. La situazione è ben più drammatica sul fronte del Donbass, dove si teme il crollo davanti alla lenta, ma inesorabile avanzata russa. Una vittoria di Pirro, dopo tre anni di guerra, ma simbolicamente importante per lo zar Putin se l'armata di Mosca riuscisse a sfondare occupando tutta la regione contesa.

Negli ultimi giorni i russi hanno issato la bandiera sui tetti dei palazzoni di periferia di Kurakhove sbrecciati dai combattimenti. L'intero fronte sud rischia di cedere fino a Zaporizhzhia, ma il vero obiettivo è sfondare a Pokrovsk e più a Nord, a Chasiv Yar. La strada per Kramatrosk e Sloviasnk, la linea del Piave Ucraina, sarebbe spianata e i russi conquisterebbero tutto il Donbass. Devono farlo in fretta, prima che entri in gioco Trump, che punta al terzo anniversario di guerra per congelare il conflitto. Una specie di accordo alla coreana sul 38mo parallelo con l'aggiunta di una moratoria di 20 anni su basi Nato in Ucraina. E forse la presenza di un contingente di caschi blu, come forza di cuscinetto, fra russi e ucraini con il ripiegamento delle armi pesanti. Trump punta sull'appoggio dell'Italia sulla sponda europea, che ha dato disponibilità all'invio di forze di pace, ma i russi ci vedono come «nemici» per le forniture di armi a Kiev.

Sempre meglio che il nocciolo duro e puro, pronto alla guerra a oltranza, composto da polacchi, paesi baltici e nazioni del Nord Europa, che hanno i russi alle porte. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ridotto al lumicino politico in casa, sogna che la Grandeur guidi l'appoggio militare all'Ucraina se gli americani verranno meno. Non è un caso che il 20 gennaio, giorno dell'insediamento di Trump, arriveranno a Kiev i primi Mirage 2000 francesi, con piloti già pronti, in grado di lanciare i missili Storm Shadow/Scalp a lungo raggio per colpire la Russia.

Prima del congelamento, il conflitto sarà sempre più devastante: fra sabato e domenica i russi hanno intercettato 61 velivoli senza pilota ucraini sul loro territorio, ma nell'ultimo mese hanno lanciato 2340 droni rispetto alla media precedente di 400.

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