L'incubo della guerra è un sogno nero popolato da cunicoli che non portano da nessuna parte: sotterranei illuminati dal buio dove l'unica via d'uscita - prima o poi - porta alla morte. Il conflitto in Ucraina non fa eccezione, e la storia di Vanda Semyonovna Obiedkova ne è la riprova.
«Prima o poi», tutti fanno una brutta fine.
Il «prima», per Vanda, risale a quando aveva 11 anni e le viscere di Mariupol la salvarono miracolosamente dalle bombe naziste; il «poi», per Vanda, risale a qualche giorno fa, a 81 anni di distanza, è morta di stenti nello stesso bunker di Mariupol sotto le bombe russe. Aveva 92 anni Vanda Semyonovna Obiedkova e ormai era stanca di vivere. Ma avrebbe preferito andarsene in maniera diversa. Non certo tappata in cantina come un animale ferito. Senza vedere un ultimo raggio di sole e sentire sul volto la carezza di una persona cara. Ma la guerra odia qualsiasi forma d'amore.
E così l'addio di nonna Vanda è stato uguale a quello di migliaia di vittime civili sommersi dai calcinacci dei palazzi sventrati dalle granate. Chissà, forse stava pregando Vanda nell'attimo in cui il suo mondo era ormai una proiezione di macere. Tutto il male dell'umanità sembrava essersi concentrato lì, nella sua cantina. Attorno boati e nuvole di fumo.
L'ultimo giorno per Vanda è stato il 4 aprile, vegliata dalla Figlia tra mure che puzzavano di muffa e paura. In strada quel poco che resta della città simbolo della resistenza ucraina. Uno scenario da brividi: sotto montagne di detriti, corpi ridotti a brandelli, pietre e ossa che si confondono fra loro. La nonna aveva resistito fino allo stremo, settimane trascorse senza luce e acqua. Lei, sopravvissuta all'Olocausto, era abituata a soffrire. Nella sua disgraziata esistenza non aveva fatto altro. Sperava che il destino l'avrebbe risarcita almeno con una vecchiaia serena. Ma il destino, a volte, sa essere ancora più crudele degli uomini. E allora eccola lì, Vanda. Condannata dalla «legge» della guerra.
Un'odissea raccontata dalla figlia Larissa su Chabad.org: «Nelle ultime due settimane mia madre non riusciva neanche a muoversi, dopo tutto l'orrore che aveva vissuto durante la persecuzione nazista non meritava di morire così, l'ho vista spegnersi senza potere fare nulla». Larissa è riuscita invece a fuggire da Mariupol attraverso un corridoio umanitario con l'aiuto della locale comunità ebraica guidata dal rabbino Mendel Cohen: un eroe rimasto nella citta assediata per salvare i fuggitivi. Larissa insieme con il marito ha vestito la madre con il suo abito «buono», seppellendola in un parco pubblico non lontano dal mare d'Azov.
La vita di Vanda è la metafora del dramma di Mariupol. Nata nel 1930 Vanda era una bimba quando nell'ottobre del 1941 i nazisti occuparono la città e iniziarono a rastrellare e deportare gli ebrei. Le SS arrivarono a casa sua, uccisero la madre Mindel ma lei riuscì a fuggire in cantina salvandosi la vita: «Non fece un fiato per la paura e quel silenzio la salvò»,racconta Larissa. Il padre di Vanda non era ebreo e quindi riuscì a nasconderla in un ospedale dove la figlia rimase fino alla liberazione della città nel 1943. La donna poi si sposò nel 1954 quando Mariupol era stata ribattezzata dai sovietici Zhdanov.
La testimonianza di Larissa è angosciante: «Quando sono iniziati i bombardamenti massicci ci siamo trasferiti in cantina ma non c'era riscaldamento, si gelava. Abbiamo vissuto settimane e settimane come animali.
Gli ultimi giorni lei tremava di freddo, era riversa nel suo letto e ripeteva Perché sta succedendo tutto questo? Perché?». «Mia madre amava questa città, non ha mai voluto andarsene», conclude Larissa.Vanda voleva morire qui. Ma non in questo modo barbaro.
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