A volte, anche per gli scrittori la noia si rivela una buona consigliera. Non la noia altrui, ma la loro, che poi traslano, romanzandola, nei personaggi, usati come vettori e propalatori di quel particolare tipo di vuoto diventato contenuto. Così nascono, ad esempio, il Frédéric Moreau dell'Educazione sentimentale, lo Zeno Cosini della Coscienza di Zeno, l'Antoine Roquentin della Nausea, il Dino della Noia, appunto. Del resto, guardate le facce di Flaubert, di Svevo, di Sartre, di Moravia: non vi sembrano fissamente inquiete, o composte nel tedio dell'attesa, oppure desiderose di essere altrove? Non vi sembrano, di per se stesse, annoiate?
Oggi uno scrittore positivamente noioso è l'olandese Gerbrand Bakker, classe 1962. Di noia ha nutrito l'Helmer Van Wonderen di C'è silenzio lassù, i tre fratelli Kaan di Giugno, la Agnes-Emilie di La deviazione. E ora, in Quelli che restano (Iperborea, come i primi due - il terzo uscì da Einaudi - pagg. 311, euro 19, traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo), alimenta con tanta e tale noia il suo protagonista Simon da non resistere alla voglia di condividerla con lui, entrando in prima persona nel libro (una prima persona così poco camuffata da rivelarsi dopo una manciata di righe). Un libro in cui a fare da contraltare alla noia è, grazie a un efficace espediente narrativo, l'unico tema che con la noia non ha nulla da spartire: la tragedia.
La tragedia in questione, vera, avvenne all'Aeroporto di Los Rodeos a San Cristóbal de La Laguna, a Tenerife, nelle isole Canarie, il 27 marzo 1977: due Boeing 747 si scontrarono in pista, ci furono 583 morti, alcuni dei quali non identificati. E fra i non identificati c'è Cornelis, il padre di Simon. Cornelis sparì da Amsterdam in una grigia mattina, lasciando nel letto la moglie Anja, incinta di Simon. Si dice fosse a bordo del maledetto volo KLM 4805, partito dall'aeroporto di Schiphol, e si dice che insieme a lui ci fosse l'apprendista che aveva da poco assunto. Lo si dice, ma è vero? La risposta che possiamo dare qui, per forza di cose, è brevissima e non circostanziata: «no».
Ora sono passati 45 anni dal disastro. Simon, Il figlio del parrucchiere (è il titolo originale) non sa di questo «no», la sua certezza è il dubbio che ancora lo divora, un tormento ciclico, cui è proprio la noia, in una dialettica degli opposti, a fare da lenimento. Come Cornelis era succeduto a suo padre Jan, nel negozio di parrucchiere, così Simon è succeduto a Cornelis. Ha 45 anni ed è omosessuale. L'unica sua passione è il nuoto, anche e soprattutto per via dei corpi perfetti dei grandi campioni Spitz, Popov e Biondi che gli fanno compagnia in camera da letto, sotto forma di poster. La madre Anja, contrariamente a lui ha rimosso la perdita e si rende utile alla comunità badando a un gruppo di ragazzi con sindrome di Down, seguendoli mentre sguazzano in piscina. Un giorno Henny, collega di Anja nel ruolo di animatrice-badante, s'invola con un muratore buzzurro del quale si è innamorata, destinazione Tenerife, e Simon, dopo le insistenze di Anja, la sostituisce. Ma il lettore non si lanci in azzardate ipotesi che collegano Henny a Cornelis, e si fidi del più geniale inventore di storie, ovvero il Caso...
Se Cornelis, o ciò che resta di lui, compare a pagina 111, aprendo un romanzo nel romanzo, l'Autore, ovvero «lo scrittore», insomma l'ologramma (ma a tre dimensioni) di Bakker, spunta a pagina 38, sulla poltrona di «Chez Jean», mentre Simon gli regola i cortissimi capelli. E sapete a che cosa sta lavorando? Alla storia di un parrucchiere. Semplice forma di seduzione o condivisione del dolore? A questo interrogativo soltanto Gerbrand Bakker potrebbe rispondere. Così i piani si intersecano e il libro si scrive da solo, appoggiandosi alle notizie pescate in Rete sulla carneficina del 27 marzo 1977.
Il grigio tran tran quotidiano di Simon («uno che ha bisogno di un muro alle spalle, uno che si sente a suo agio in un angolo») nel Jordaan, il quartiere bohémien di Amsterdam, fra alcuni amanti occasionali e il lavoro ridotto a passatempo, viene illuminato da un solo, fugace raggio di sole: Igor, uno dei ragazzi Down. In lui il Nostro vede una copia sbagliata di Popov e non sa resistere alla tentazione.
Sesso? Chi lo sa? «Lo scrittore» gli ha svelato un trucco del suo mestiere: quando non se ne vuole parlare in modo esplicito si mette un punto, si lascia una riga bianca e si riprende cambiando discorso. Per ingannare, e insieme omaggiare, la noia.
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