Nel 1937, Giovanni Scheiwiller pubblica a Milano, fuori dalla «Serie letteraria» di All'insegna del pesce d'oro, Confucius. Digest of the Analects di Ezra Pound. Che l'anno dopo diventerà il primo capitolo del saggio poundiano Guide to Kulchur (cioè alla cultura di massa, non a quella alta), edito a Londra: un viaggio lungo 2500 anni di storia delle idee. Nel '49, in un Postscriptum al volume, l'autore mette in cima alla classifica dei maestri da usare «come sestante» del mondo Confucio e Mencio: «I Quattro Libri (cioè Dialoghi, Giusto mezzo, Grande studio e Mencio, ndr) contengono le soluzioni di tutti i problemi di condotta che possono sorgere». Si tratta del Confucio sapienziale, ieratico, che dispensa leggi morali sotto forma di flash o di brevissimi apologhi, quello filtrato e parodiato anche nella vulgata pop (pensiamo al tormentone «dice il saggio...» dei fumetti con Nick Carter). «Nessun filosofo fu così conscio delle basi etiche necessarie all'organizzazione statale», dice Pound. Il quale però non conobbe (pochissimi lo conobbero e pochissimi lo conoscono a tutt'oggi) l'altro Confucio, quello che collocò delle pietre d'inciampo sul percorso della Storia della Cina. Diciamo pure, date le loro dimensioni, dei post-it utili, poi, a calare i suoi insegnamenti nella realtà dei fatti, da buon filosofo della politica.
Eccoli qui, per la prima volta in una lingua europea, l'italiano: Primavere e Autunni (Luni, due tomi, pagg. 1099, euro 48, traduzione dal cinese di Fausto Tomassini). L'opera riguarda il periodo dal 722 al 481 prima di Cristo, e lo Stato di Lu, diciamo un po' a Nord dell'attuale Nanchino. Oltre mille pagine (pur incluse miriadi di note) per alcune telegrafiche frasette? Sì, perché la magia di questo gioiello editoriale non risiede nel dettato confuciano che procede anno dopo anno (esempi: «Autunno. Cadono forti grandinate»; «Truppe di Chu attaccano la nostra frontiera orientale»; «Quelli di Sung arrestano il visconte del Piccolo Chu»), ma nei commentari del suo discepolo Tso.
I commentari di Tso dipanano l'ermetismo del Maestro, motivano le sue scelte e le sue omissioni e soprattutto, per il lettore affamato di letteratura, più che di cronache vagolanti nei secoli, romanzano. Se esiste un padre del romanzo storico, almeno per motivi cronologici, è lui.
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