«Cosa mi piace leggere? Daniel Pennac, Banana Yoshimoto... ho appena finito Balzac e la piccola sarta cinese, non mi ricordo l’autore... un libro di una leggerezza...». «Io nei libri non cerco la leggerezza, voglio romanzi contemporanei in grado di emozionarmi, come Anna Karenina... o, chessò, la Mandragora». «La ???». «La Mandragora, è di Machiavelli...». «Vuoi dire la Mandragola...». «Sì...». «Ma tu l’hai letto Il cacciatore di aquiloni?». «Síííííí!!! L’ho dato anche a mio marito che partiva per l’Afghanistan... Ma l’ha lasciato in bagno per due mesi... poi però quando ha iniziato, l’ha finito in cinque giorni». «Come hai detto che si scrive? Hos-sei-ni?». «Ragazze, un attimo.... Forse è meglio fare ordine... Innanzitutto, chi ha mai sentito parlare di Philip Roth?». «Io ho visto il film!».
Location: attico nobile in un sofisticato palazzo liberty di Milano. Protagonisti: due intellettuali molto simpatici poltronati da un parte e un gruppo di signore molto glamour divanate dall’altra. Mission: insegnare a leggere meglio di quanto normalmente si faccia, cioè consigliare a lettori «non di professione» libri e autori nei quali investire il proprio tempo e il proprio denaro. Termine tecnico: «book trainer», curioso neologismo letterario destinato a diventare se non una moda, almeno un originale fenomeno intellettual chic.
In antitesi ai corsi di scrittura creativa, il book trainer è un corso di lettura guidata: un ciclo di lezioni a pagamento rivolto a chi vuole «allenarsi» a leggere meglio, sotto la supervisione di un esperto. Come ti rifaccio il guardaroba intellettuale.
La cosa è nata così. Un paio di mesi fa la scrittrice Camilla Baresani intervista su Sette Michelle Hutzinger, tonica e in forma, la quale confessa che «adesso ho riscoperto il piacere di leggere, con Oscar Wilde e Dostoevskij... sono dei mattoni però ti lasciano dentro qualcosa». Gian Paolo Serino, critico letterario e fondatore della rivista Satisfiction, perplesso per quel «mattone» ingenerosamente affibbiato a Oscar Wilde, manda un messaggino all’amica Baresani: «Credo che la Hutzinger più che un personal trainer abbia bisogno un book trainer, le serve qualcuno che le consigli cosa leggere». Letto, fatto.
E così, eccoci a seguire la prima lezione del corso tenuto dai book trainer Camilla Baresani e Gian Paolo Serino e organizzati dalla book manager Paola Michaela Piroddi, elegantissima padrona di casa già richiesta per portare l’iniziativa anche a Roma, Bologna, Capalbio... chissà. Nel ruolo di ospiti (paganti: 500 euro per quattro lezioni, dalle 20 alle 23 orario continuato e cena a chiudere la serata) una quindicina di «lettrici deboli» in cerca di emozioni forti, autori di nicchia, consigli per evitare pagine inutili e dritte per scoprire scrittori esclusivi. Da Versilia Rock City di Fabio Genovesi a La ballata del caffè triste di Carson McCullers, due fra le chicche citate dai trainer.
Tra le signore iscritte, il cui tenore di vita medio parte dallo chalet a St. Moritz in su, anche giornaliste come Francesca Senette, attrici come Martina Colombari, una ex ragazza fast food, Alba Parietti, e per il resto fotografe, pubblicitarie, spensierate housewives, una chirurga che sembra Elena Stancanelli, ma in bello. L’elemento discriminate per l’iscrizione al corso, al di là dell’interesse per i libri, sembra essere l’avvenenza. Tutte donne, quarantenni, fisicate, eleganti.
Stivali, trucco leggero e gioielleria pesante, le signore ospiti sono attentissime, curiose, critiche - «Ma un libro è un po’ come un quadro o un film... e il giudizio è molto soggettivo. A me può piacere, a te no...» «Ma... Nabòkov o Nàbokov?» - e si applicano moltissimo. Donne-Apps che prendono appunti sull’IPad, sull’IPhone, sulle agendine Prada. Nel salotto si racconta il libro della propria vita - che con una ripetizione inquietante per molte sembra essere un vecchio titolo dell’Allende - poi si ascoltano i consigli dei book trainer («Va bene Il petalo cremisi di Faber... ma la Mazzantini no») - si sorseggia champagne Premiere Cru Larmandier Bernier Rosé, e una tartina, aspettando Godot e la cena.
«Zitti, sentiamo Emanuela. Tu cosa ti aspetti da un libro?». «Voglio che quando lo chiudo, mi lasci qualcosa»... ieri, ad esempio, sono entrata in una libreria e ho sentito un Calvino...». «Un Calvino? Un caldino...». «No no, un Calvino». «Comunque, la cosa importante - ascoltate bene - è questa: sapere che il compito dello scrittore non è rassicurare. È sovvertire le idee precostituite e mostrare la complessità del mondo». «Significa che il libro deve dare un messaggio pericoloso?». «Significa che un libro non deve risolvere problemi, ma crearli». «Ma voi che frequentate questo mondo, dei premi letterari ci si deve fidare? Io ho comprato Canale Mussolini... un sagone...». Sagone?
Il corso è come un film di Sofia Coppola, intelligentemente surreale. Temi affrontati: i piccoli editori sono più bravi? E gli scrittori da festival, valgono? Il modello-Mantova. La Milanesiana. Chi paga la cultura? I festival sono una moda? Silvia Avallone è il velinismo applicato alla scrittura: «Acciaio lo leggi a quarant’anni per sentirtene venti» «Io è come se ne avessi venti, cara...». «Ma i libri che presentano alla trasmissione della Dandini si devono leggere?». I best seller. L’eleganza del riccio - «È un stronzata!» - . I titoli tradotti. Il realismo nell’arte. Il lavoro degli editor: Raymond Carver e Gordon Lish, Roberto Saviano e Antonio Franchini.
Il fascino di Shantaram - che hanno letto tutte -. «Philip Roth è passato attraverso molti divorzi», «Beh, qui è in buona compagnia...». «E di Fabio Volo? Cosa ne pensate?».«Uhmm... Ma questi pasticcini sono di Taveggia!».
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