Covid, nel cervello si attiva la stessa risposta infiammatoria del Parkinson

Gli scienziati dell'Università del Queensland hanno scoperto un nuovo potenziale approccio per il trattamento di un virus le cui conseguenze a lungo termine sulla salute sono ben note

Covid, nel cervello si attiva la stessa risposta infiammatoria del Parkinson

Il morbo di Parkinson, che annualmente colpisce circa 250mila individui, è una malattia neurodegenerativa a lenta ma progressiva evoluzione. Ad essere colpite sono le strutture ubicate in aree profonde del cervello (meglio note come gangli della base) che partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti. La malattia si manifesta nel momento in cui la produzione di dopamina cala in maniera considerevole. Successivamente, sia nel midollo che nel cervello, compaiono accumuli di alfa-sinucleina, una proteina forse responsabile della diffusione della patologia. Gli scienziati dell'Università del Queensland, guidati dai dottori Trent Woodruff ed Eduardo Albornoz Balmaceda, hanno scoperto che il Covid attiva nel cervello la stessa risposta infiammatoria del morbo di Parkinson. Lo studio è stato pubblicato su Molecular Psychiatry.

I ricercatori hanno analizzato l'effetto del virus sulle cellule immunitarie del cervello note come microglia, fondamentali nella progressione di malattie come il Parkinson e l'Alzheimer. Queste ultime, coltivate in laboratorio e infettate con il patogeno Covid, hanno effettivamente attivato il percorso degli inflammasoni, il medesimo che le proteine dei disturbi neurodegenerativi possono innescare per lo sviluppo delle suddette patologie. L'attivazione del percorso degli inflammasoni ha scatenato una specie di "fuoco" cerebrale che si è tradotto in una condizione cronica caratterizzata dall'uccisione dei neuroni. L'inflammasoma è un vero e proprio killer silenzioso poiché la sintomatologia può rimanere latente per molti anni.

Covid e morbo di Parkinson, esiste una connessione?

L'indagine potrebbe spiegare perché alcune persone che hanno contratto il Covid sono più vulnerabili allo sviluppo di sintomi neurologici simili a quelli del morbo di Parkinson. Gli studiosi hanno altresì scoperto che la proteina Spike del virus era sufficiente per avviare il processo e la sua attività è stata esacerbata nel momento in cui nel cervello esistevano già proteine collegate al Parkinson. Dunque, se esiste una predisposizione al disturbo, il Covid potrebbe concretizzarla. La stessa cosa si può dire per l'Alzheimer e per le altre demenze connesse agli inflammasomi.

Gli scienziati, tuttavia, hanno individuato anche un potenziale trattamento.

Ad alcuni pazienti affetti da Parkinson sono stati somministrati farmaci inibitori sviluppati dall'Università del Queensland che hanno ridotto l'infiammazione nelle cellule della microglia. Sono necessarie ulteriori ricerche, ma questo potrebbe essere un nuovo approccio per la cura di un virus le cui conseguenze sulla salute a lungo termine sono ormai note.

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