![La festa di San Valentino è una buona occasione per ricordare che l'amore non è cieco, ma presbite](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/03/1738574935-couple-2568954-1280-1.jpg?_=1738574935)
Un giorno una signora venne a confessarsi e mi disse che l'unico peccato che aveva era che non andava a Messa. Nel dialogare con lei, mi spiegò: «Vorrei tanto poterci andare, ma non riesco». La prospettiva sembrò cambiare. Aggiunse: «Mio marito non è per nulla credente e con me non verrebbe mai a Messa. La domenica però è sempre a casa, quindi quando io esco è l'unico momento in cui posso incontrarmi con una persona che frequento e anche lui è lontano dalla Chiesa, quindi per stare insieme io non ce la faccio ad andare a Messa». Cara Signora, forse il problema non è proprio la Messa né l'ateismo dei due. Mi colpì molto che lei non vedesse alcun problema nel tradimento, anzi lo giustificava dicendo che il suo matrimonio era finito da tempo e lo teneva in piedi solo per i figli. Con il cuore in mano mi consegnò allora una verità che ora ricordo ogni volta che celebro delle nozze: «Il tradimento non è mai un tonfo ma è sempre un cammino involutivo». Grazie a lei ho capito che l'amore non muore mai di morte naturale. Muore di fame, muore per malattia debilitante, muore di stanchezza e logorio, muore avvelenato dall'opacità.
Questa riflessione si è smossa in me dalla vicinanza della festa di San Valentino (vescovo di Terni, morto martire nel III secolo) che custodisce nella leggenda la storia dell'amore tra Serapia e Sabino: lei cristiana, lui pagano; lei nobile, lui centurione romano; lei ammalata, lui pieno di vita. Per amore di lei, Sabino si convertì al cristianesimo, mettendosi contro la famiglia
romana, in quanto al tempo i cristiani erano perseguitati. Scoprì, poco dopo, però che Serapia era ammalata di tisi in modo incurabile. Si narra che il Vescovo, vedendo i due fidanzati litigare si avvicinò, dando loro una rosa, chiedendo loro di fare pace stringendo il gambo senza pungersi. Impossibile. Li invitò allora a sentire il profumo e ad ammirare il colore invece che fermarsi alle spine. Il simbolo del dono della rosa tra innamorati per qualcuno ha qui la sua origine. Valentino fu chiamato al capezzale della ragazza e Sabino lo supplicò affinché non fosse separato dalla sua amata.
Il 14 febbraio il Vescovo battezzò il giovane e unì i due in matrimonio. Mentre levò le mani per la benedizione, il cielo si riempì di coppie di colombi che tubavano, volteggiando sopra i due innamorati, tanto che l'espressione «piccioncini», riferita agli innamorati, sembra derivare da qui. Qualcuno fa risalire invece il senso alla scelta dei primi cristiani di ritrasformare usanze pagane comuni al tempo, dove ad esempio la colomba era segno della dea Afrodite. Nel 1911, durante alcuni scavi, venne rinvenuta una tomba in cui si rinvennero i resti di un giovane uomo e di una donna con le braccia legate tra loro da un anello di ferro che venne identificato come «bracciale nuziale». Una meravigliosa storia d'amore travagliata, una religiosa leggenda romantica, una simbolica trasformazione storica? Qualunque si ritenga sia la nascita della festa di San Valentino, il fattore comune di insegnamento secondo me è la messa
in crisi dell'affermazione «l'amore è cieco». L'innamoramento e la passione possono annebbiare la prospettiva, vero. L'amore invece per me non è cieco ma presbite: vede bene le cose quando si allontanano. Quando si vedono troppo e solo le macchioline, le sbavature, gli errorini, le imperfezioni vuol dire che ci si sta allontanando, che il rapporto si sta denutrendo. C'è quindi bisogno di rifocalizzarsi, mettendo in gioco innanzitutto se stessi - prima che evidenziare problemi o colpe - con piccoli gesti di rinnovata vicinanza, di riscoperta, di dialogo, di comprensione, di rimotivazione, di riqualificazione, di aria nuova, di spazi alternativi, di prospettive rinnovate, di elasticità nelle abitudini, di nuovi impulsi. C'è bisogno di reimpastare e rigustare il pane quotidiano.
Papa Francesco ha detto che chi è innamorato potrebbe cambiare la preghiera del Padre Nostro e invece che dire «dacci oggi il nostro pane quotidiano»,
pregare «dacci oggi il nostro amore quotidiano», perché la scelta è sempre tra lo stare a lamentarsi perché i cespugli di rose hanno le spine o gioire perché anche sui rovi più spinosi, intricati, contorti sbocciano rose.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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