Chi si aspetti un poema epico nel senso a cui ci hanno abituato gli anni del liceo, con la frequentazione più o meno appassionata dei capolavori di Omero, di Dante Alighieri, di Ludovico Ariosto e degli altri classici del canone della letteratura universale, sappia che rimarrà deluso. I Cantos non hanno uno svolgimento lineare, non si sviluppano in ordine cronologico, non seguono le vicende di uno o più personaggi principali, né rispettano quello che per Aristotele era un ineludibile obbligo per ogni dramma: l'unità di tempo, di azione e di luogo.
Divisi in varie sezioni che sono state pubblicate come libri indipendenti nell'arco di più di mezzo secolo, I Cantos sono un'opera infinita, nel duplice significato di non finita e non finibile, sia perché Ezra Pound (1885-1972)ha lasciato aperta la conclusione, sia perché tratta davvero di inesauribili argomenti, luoghi, personaggi, storie dell'intero scibile umano.
Inoltre, tanto per rendere la lettura più complicata, l'autore si è sempre rifiutato di aiutare il lettore, evitando di frapporsi tra lui e il testo: never explain era il suo motto preferito, invitando, come gli antichi alchimisti, a leggere e rileggere: lege, lege, relege et invenies. Se aggiungiamo a questo la profonda antipatia provata e manifestata da Pound verso i letterati di professione, «i filologi che oscurano con le loro note il testo», è chiaro che questa, che vorrebbe essere una introduzione generale al poema, sarebbe un'iniziativa presuntuosa e irrispettosa se non si trattasse semplicemente di un omaggio a un gigantesco poeta che ha segnato con la sua vita e le sue opere il Novecento, e che non merita, quindi, di rimanere tra gli autori più citati che letti, ma dovrebbe, almeno in Italia, essere approfondito e discusso, apprezzato e criticato, in una parola: conosciuto, anche al di fuori del circuito degli specialisti, per raggiungere il pubblico che potrebbe trovare i suoi Cantos anche «divertenti».
«Ma qvesto è divertente!» esclama, infatti, Mussolini quando Pound gli dona la lussuosa edizione di A Draft of XXX Cantos in occasione dell'udienza a Palazzo Venezia il 30 gennaio 1933; come riportato all'inizio del Canto XLI, il poeta è folgorato da questa reazione, perché il Boss ha colto il punto assai prima degli esteti. In più di una occasione Pound ha ricordato come l'arte non possa che rendere felici, e quindi debba evitare solennità pompose e seriosità ipocrite.
Una breve introduzione ai Cantos che non voglia perdersi nelle complicate esegesi per specialisti né, tantomeno, attribuire loro una superficiale chiave di lettura ideologica, ma intenda soltanto rendere più accessibile il poema per il lettore colto, deve iniziare proprio da questa affermazione: i Cantos sono anche divertenti.
Pound aveva uno straordinario e spesso incompreso senso dell'umorismo, come sanno coloro che lo hanno frequentato, amici o corrispondenti che fossero, e come hanno imparato anche i suoi lettori meno paludati, che non si sono scandalizzati per i nomignoli affibbiati a chiunque, storpiandone il nome o gli attributi: gli italiani sono wops (guappi), i francesi frogs (mangiarane), i russi Tovarisch, il suo amico Ubaldo degli Uberti diventa «Ub2» (Ub al quadrato), il suo editore americano, «New Directions», diventa, visto che la pronuncia è la stessa, «Nude Erections» e così via.
Va infine ricordato che l'opera non è un trattato di storia o di economia, anche se di tali
argomenti tratta con serietà e competenza, ma rimane, sempre e comunque, un poema, e come tale va letta. Si tratta di un viaggio non a caso inizia proprio così verso la conoscenza, qualunque cosa si intenda con questo vocabolo.
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