Quegli "atlanti inutili" che ci fanno viaggiare in luoghi incredibili

Isole remote, regni scomparsi, fari maledetti, città folli: la geografia amplia le sue frontiere

Quegli "atlanti inutili" che ci fanno viaggiare in luoghi incredibili

Si può già sognare muovendosi fra i loro nomi: Tikopia, Macquarie, Agalega, St. Kilda, Floreana, Thule meridionale, e poi Europa, Ada Kaleh, Val di Lei, il Dito di Caprivi, Bir Tawil, la Voyenno-gruzinskaya Doroga (Strada militare georgiana), il Regno di Sarawak, la Nuova Caledonia, il Quilombo di Palmares, e l'impareggiabile Solitudine. Un'isoletta sperduta lassù, nelle acque ghiacciate dell'Artico, che i russi, a cui appartiene, chiamano Uyedineniya. Non ci vive nessuno.

Del resto, questi non sono luoghi da esplorare con lo zaino in spalla o navigando fra onde pericolose, bensì da immaginare, seduti sul divano a sfogliare un atlante o a spulciare una carta geografica; ma non una mappa qualsiasi... Sono luoghi «che non hanno fatto la storia», che «non esistono più», «dove non sono mai stata e mai andrò», come avvertono i titoli dei volumi che se ne occupano, e la cui attrazione risiede proprio nella loro dichiarata inutilità pratica, nell'appello implicito a vagare con la mente, che poi oggi, fra lockdown, test, tamponi, moduli da compilare, quarantene, divieti, pass e tutto quanto tocca ai viaggiatori reali (o aspiranti tali), non è che sia una opzione così astratta, a rifletterci bene. E non a caso, di questi atlanti sui generis, praticamente in contemporanea ne sono usciti tre: l'Atlante delle isole remote (Bompiani), l'Atlante dei paesi che non esistono più (ilSaggiatore) e l'Atlante inutile del mondo (Hoepli).

Judith Schalansky, autrice dell'Atlante delle isole remote, nota che «forse non è sorprendente che in un periodo di involontario isolamento», quando tutti noi ci siamo sentiti delle isolette sperdute nelle nostre case, le sia venuta voglia di riprendere in mano questa sua opera, uscita in origine nel 2013, aggiornandola e aggiungendo nuove mete (ora sono 55). Qualcuno le ha rimproverato che il suo Atlante non serva per navigare, ma lei ricorda come fosse così già per i primi Isolarii, diffusi a Venezia nel XV e XVI secolo. Infatti, il loro modello originario, ovvero il Liber insularum archipelagi o Insularium illustratum del 1420, reca questa dedica dell'autore Cristoforo Buondelmonti al Cardinale Orsini: «Ve lo mando, di modo che possiate avere il piacere di lasciar vagare i Vostri pensieri quando sarete esausto». È così, insomma, per puro piacere di sognare, che si fa rotta verso l'Isola degli Orsi, nel Mar Glaciale Artico, dove oggi si cerca il petrolio, ma che era il regno degli uccelli. O verso Ascensione, nell'Atlantico, dove comincia la corsa allo spazio, negli anni Sessanta. O si cerca Trinidade, dieci chilometri quadrati quasi letali, dove il 6 gennaio del 1958 Almiro Barauna fotografa un misterioso oggetto luminoso. Si capisce subito, poi, che da North Sentinel, nelle Andamane, è meglio stare alla larga: i suoi abitanti vivono ancora di caccia e raccolta e riservano frecce mortali a chiunque osi avvicinarsi. Governo indiano compreso.

C'è chi insegue le isole remote come simbolo di libertà, o per trovarci il bello del «niente», come il capitano Banning a Socorro, ma il fatto è che l'isola è «uno spazio teatrale», un concentrato di umanità: storia, politica, geografia, problemi ambientali, scontri diplomatici, esperimenti militari, aspirazioni ecologiste, utopie religiose, pacifiste o egualitarie... In questi tre atlanti, la geografia lascia il passo alla storia: infatti nel suo Atlante dei paesi che non esistono più Gideon Defoe si diverte a portarci a spasso nel tempo. Premessa: «I paesi muoiono. A volte è un omicidio. A volte è un incidente. A volte è perché, tanto per cominciare, erano troppo ridicoli per esistere». Tocca al viaggiatore scoprire a quali categorie appartengano i vari regni, stati e repubbliche (48, alcuni di dubbia esistenza) esplorati da Defoe (che poi si chiami come l'autore di Robinson Crusoe, sono cose che capitano solo Oltremanica). In appendice, anche una classifica delle più belle bandiere scomparse.

Nel suo Atlante inutile del mondo, Albano Marcarini dichiara di voler «tornare al luogo, al topos, come fonte inesauribile di conoscenze e, perché no, di stranezze e bizzarre curiosità». Geografia e storia sono tutt'uno, ed ecco che spuntano, come nella vita, ambiguità e anomalie, da scovare nelle cento tavole dell'opera, tra la Florida East Coast Railway, concepita per arrivare a Cuba in treno, e il pericolosissimo faro di Tillamook Rock in Oregon, fra l'introvabile Lago di Prà di Cò e Zzyzx, cittadina poco ridente ai margini del deserto del Mojave.

La bussola che orienta fra tutte queste mete, reali e immaginarie, affascinanti e desolate che siano, l'aveva già indicata Calvino nelle Città invisibili: «quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati». Buon viaggio.

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