In Formula1, l’attenzione di molti sulla partenza del Mondiale 2020 è inutilmente passata dal lato sportivo a quello politico, tirando per la giacchetta uomini il cui compito principale dovrebbe essere quello di guidare il più velocemente possibile.
Una Formula1 diversa anni luce questa gestita da Liberty Media rispetto al passato: per fare un paragone, il Circus ai tempi di Bernie Ecclestone non si era fermato per commemorare la morte di Giovanni Paolo II, come richiesto dalla Ferrari. Ora invece, le bandiere arcobaleno o i temi sociali sembrano sempre più spesso mescolarsi fino a prevaricare quello che dovrebbe essere il cardine del Circus, cioè i motori e lo sport.
Sulla griglia di partenza del Gran Premio d’Austria, Lewis Hamilton ha coinvolto i colleghi in un siparietto mediatico che, come ha ricordato Leclerc, poco spartisce con il vero impegno quotidiano. Mentre quattordici su venti si sono inginocchiati a sostegno del movimento Black Lives Matter, sei di loro sono rimasti in piedi pur indossando la t-shirt ah hoc con la scritta "End Racism".
FP1 was a tricky session for us today. We were not that satisfied with the window the car was in, but I felt happier in FP2 as we were able to improve the car and make a step forward. #F1 #AustrianGP #DK26 pic.twitter.com/tpSPP2arha
— Daniil Kvyat (@kvyatofficial) July 3, 2020
Dei sei piloti che pur schierandosi compatti con gli altri contro ogni forma di discriminazione non hanno voluto piegare il ginocchio, il russo Daniil Kvyat in forza alla AlphaTauri (ex Toro Rosso). Una scelta esplicitata nei giorni successivi all’emittente georgiana 1TV: "Nel momento che ci hanno suggerito di inginocchiarsi come gesto di lotta contro il razzismo, per me è stata una motivazione incomprensibile". E ancora: "Il gesto va contro la mia mentalità russa, dove una persona si inginocchia per la Patria, per la bandiera, per Dio".
Naturalmente la frase di Kvyat non ha mancato di suscitare una serie di sterili polemiche, tanto più in questo momento dove tutti i piloti si sono dimostrati compatti nel sostenere la campagna lanciata dalla Formula1 #WeRaceAsOne: “Abbiamo mostrato la nostra posizione indossando la maglietta con la scritta End racism prima della gara”.
Charles Leclerc aveva anticipato via Twetter la sua scelta.
Anche il sempre schietto e laconico Kimi Raikkonen è rimasto ben ritto sulla linea di partenza: nessuno, stranamente, ha avuto il coraggio di chiedergli il perché o tirarlo nella polemica durante le varie conferenze stampa. L’esperienza, anche in questi casi, conta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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