La prova elite dei Mondiali di Ponferrada comincia sotto la pioggia. Nei primi chilometri sono diversi i corridori di nazionali di secondo piano a tentare la sortita e in quattro riescono ad avvantaggiarsi sul gruppo; si tratta del colombiano Quintero, del lituano Savickas, dell'ucraino Polivoda e del croato Kvasina. Il poker di attaccanti non preoccupa nessuna delle Nazionali favorite e così il vantaggio comincia a crescere rapidamente. La strada bagnata è insidiosa e in coda al plotone ne fanno le spese tre atleti: il russo Kolobnev, il lituano Navardauskas e Nibali finiscono a terra, senza conseguenze. Quando il divario fra i fuggitivi ed il gruppo arriva a sfiorare i 15 minuti, è la Polonia in blocco a piazzarsi in testa e aumentare l'andatura, fino a quel momento piuttosto blanda.
Il meteo resta variabile, ha smesso di piovere e il sole si affaccia di tanto in tanto ad asciugare l'asfalto, ma intorno al percorso rimangono minacciose le nuvole scure. Il lavoro della Polonia riduce costantemente il gap dagli attaccanti, portandolo a circa 9 minuti quando all'arrivo mancano un centinaio di chilometri. L'impressione, però, è che la formazione polacca abbia cominciato a tirare troppo presto, spremendo i suoi uomini quando la corsa non è ancora entrata nella fase calda. Ricomincia a piovere forte, l'ammiraglia della Norvegia esce fuori strada e centra un albero, tutti gli occupanti vengono portati in ospedale ma le loro condizioni non dovrebbero essere gravi. Le maglie azzurre dell'Italia si portano a ridosso della Polonia, che rimane davanti a tutti. Il ritardo dai fuggitivi è stato ridotto a 4 minuti.
Il piano del ct Cassani prevedeva corsa dura da lontano, e a 80 km dalla conclusione l'Italia entra in azione con Bennati che impone il ritmo. Dopo Bennati tocca a De Marchi per qualche chilometro, poi nel primo tratto di salita il forcing di Fabio Aru frantuma il plotone in tanti gruppetti. Davanti, intanto, Quintero si libera dei compagni di fuga e allunga da solo. In pochi resistono alla progressione di Aru, fra questi c'è Visconti che poi se ne va insieme a Kennaugh e in testa si forma un terzetto con Quintero. Poco a poco sui primi si riportano altri corridori, fra cui Albasini, Geschke e Boasson Hagen. Il gruppetto al comando è composto da 12 atleti, che hanno un vantaggio di 20'' sul gruppo. L'Australia, senza uomini davanti, organizza l'inseguimento. Smette di piovere, Chris Froome si ritira a 40 km dall'arrivo. Il gruppo ricuce il divario e Visconti accelera di nuovo, ancora tallonato da Kennaugh. Molto attiva l'Italia: Visconti viene ripreso e parte subito De Marchi, con lui ci sono Gautier e Andersen. Il terzetto costruisce subito un gap di 30'' sul plotone. L'azzurro fa segno ai compagni di fuga di aspettare Kiryienka, attardando di poche decine di metri. L'onere dell'inseguimento è tutto sulle spalle di Spagna e Belgio. Il quartetto è ripreso ai -6 da Kwiatkowski, che subito rilancia l'azione e allunga in solitudine; alle sue spalle si muovo i big: Valverde, Rodriguez, Gilbert e Van Avermaet. Più indietro gli Azzurri.
Il margine guadagnato da Kwiatkowski è buono, il Polacco si difende bene nel tratto in discesa e poi negli ultimi due chilometri di pianura e non viene più ripreso. Arriva sul traguardo con le braccia al cielo, precedendo di pochi metri gli inseguitori. Il nuovo campione mondiale è lui. Piazza d'onore per l'australiano Gerrans, terzo il corridore di casa Valverde. L'Italia, dopo una corsa da protagonista, manca proprio nel finale: alla luce di quanto fatto, il 13° posto di Colbrelli - primo fra gli Azzurri - è deludente.
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