
I punti chiave
Il patteggiamento tra la Wada (Agenzia mondiale antidoping) e Jannik Sinner con tre mesi di sospensione dall'attività agonistica per la contaminazione del tutto involontaria e accidentale con le minime quantità di clostebol trova una spiegazione più dettagliata e profonda nell'unicità di questo caso: a dirlo in esclusiva al quotidiano La Stampa è stato il responsabile della comunicazione della Wada, James Fitzgerald, che ha spiegato perché si è giunti a questa conclusione da ambo le parti.
La negligenza di Sinner
Per questo caso, la Wada ha applicato l'articolo 10.8.2 del codice antidoping già usato moltre altre volte in passato per trovare un "accordo di tutte le parti" riducendo la sanzione e andare incontro a un trattamento "adeguato ed equo". Già, benissimo, ma perché questa novità se la stessa Wada aveva fatto ricorso contro l'assoluzione dell'Itia (Associazione internazionale per l'integrità nel tennis) chiedendo uno o due anni di squalifica per il numero uno del mondo? Fitzgerald spiega che in un primo momento, nonostante l'immediata ammissione di Sinner di essere stato contaminato accidentalmente dall'ex fisioterapista, la decisione che non avesse colpe o negligenze verso lo staff fosse errata.
"La disposizione sulla mancanza di colpa o negligenza prevede che non si applichi nei casi che coinvolgono la somministrazione di una sostanza proibita da parte del medico personale o dell’allenatore dell’atleta senza che ciò sia stato comunicato all'atleta (gli atleti sono responsabili della scelta del personale medico e devono informare il personale medico che non possono ricevere alcuna sostanza proibita)".
L'unicità del caso
Il ricorso della Wada al Tas (Tribunale Arbitrale dello Sport), dunque, è stato inoltrato per queste ragioni: viene sottolineato che anche se un atleta non ha colpe dirette o negligenze significative la squalifica è compresa tra uno e due anni, un periodo di tempo molto lungo che non trova d'accordo nemmeno un'importante fetta del mondo tennistico. Ma torniamo alla vicenda: dopo un'analisi più approfondita del caso (che è stato totalmente rivisto), il responsabile comunicazione della Wada ha spiegato che "i fatti di questo caso erano davvero unici e diversi da altri casi che riguardavano la somministrazione da parte del personale di supporto dell’atleta. In effetti, questo non era un caso di somministrazione diretta da parte dell’entourage dell’atleta, ma di assorbimento transdermico perché il massaggiatore dell’atleta (all’insaputa dell’atleta) aveva trattato un taglio sul dito con un prodotto contenente clostebol".
"12 mesi erano troppi"
A questo punto si è aperto un nuovo e impensabile scenario fino a pochi giorni fa: nessun giudizio su Sinner il 16-17 aprile come preventivato inizialmente ma un accordo che potesse limitare al minimo i danni per Sinner. "Tenendo conto, in particolare, del livello di gravità della violazione, dati i fatti specifici, la Wada ha ritenuto che una sanzione di 12 mesi sarebbe stata eccessivamente severa", spiega Fitzgerald a La Stampa. Da qui ha preso corpo l'accordo di risoluzione sull'articolo 10.8.2 che dà la possibilità di una riduzione "al di sotto della sanzione altrimenti applicabile, tenendo conto, in particolare, del livello di gravità della violazione".
Dopo tanta guerra, dunque, adesso anche la Wada ha capito che Sinner è comunque finito dentro un'ingiustizia che non gli consentirà di gareggiare per i prossimi tre mesi e che l'intero sistema va rivisto e revisionato.
"La Wada è soddisfatta che sia stata fatta giustizia in questo caso e che la sanzione sia adeguata alla violazione commessa. La Wada è lieta di aver potuto trattare la questione in modo aperto e trasparente, con i fatti del caso disponibili e di dominio pubblico", conclude il portavoce.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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