Francesco è tornato a parlare di una pace possibile tra Russia ed Ucraina. Lo ha fatto in un'intervista a Domenico Agasso de "La Stampa" pubblicata oggi.
L'approccio del Papa è quello a cui ci ha abituato in questi nove mesi di guerra: vicinanza alla popolazione ucraina aggredita ma predilezione per il dialogo tra le parti in causa per arrivare alla pace. Non a caso, Bergoglio ancora una volta ha detto che "dobbiamo essere tutti pacifisti" ripetendo un appello già fatto sul volo di ritorno dal Bahrein.
Nell'intervista pubblicata oggi su "La Stampa", Francesco ha confermato l'esistenza di un ruolo di mediazione svolto dalla Santa Sede nel conflitto. "La Segreteria di Stato - ha spiegato il pontefice argentino - lavora e lavora bene, ogni giorno, e sta valutando qualsiasi ipotesi e dando valore a ogni spiraglio che possa portare un cessate il fuoco vero, e dei negoziati veri". Il delicato compito è nelle mani del capo della diplomazia pontificia, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, il cui nome è rimbalzato ieri anche in un'indiscrezione su Dagospia secondo cui il porporato sarebbe il terzo uomo di una trattativa per la pace portata avanti dal direttore della Cia, Bill Burns ed il suo omologo dell'intelligence russa, Sergey Naryshkin.
Cosa sta facendo la Santa Sede per arrivare a quella "pace vera" auspicata dal Papa e che a suo dire è possibile solo come "frutto del dialogo" e "non si ottiene con le armi"? Intanto, Bergoglio ha rivendicato il tentativo di "sviluppare una rete di rapporti che favorisca un avvicinamento tra le parti" ma anche l'impegno per la liberazione dei prigionieri e il sostegno umanitario "al popolo della martoriata Ucraina". A proposito di ciò, la scorsa settimana il papa ha ricevuto in Vaticano il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, monsignor Sviatoslav Shevchuk che gli ha fatto dono di un frammento di mina russa trovata a Irpin. L'arcivescovo di Kiev nelle ore successive era stato ricevuto anche dal papa emerito, Benedetto XVI.
Francesco, inoltre, è tornato a criticare la produzione ed il commercio di armi sostenendo che "quando gli imperi si indeboliscono puntano a fare una guerra per sentirsi forti, e pure per vendere le armi". Su questo punto, ha voluto ricordare di aver pianto sulle tombe dei soldati sepolti nel Cimitero americano di Nettuno ed ha raccontato che il nonno partecipò alla battaglia del Piave.
Le questioni politiche italiane
Ma nell'intervista, il papa ha anche augurato buon lavoro al nuovo governo italiano. Interrogato sulla situazione italiana, Bergoglio ha ripreso la sua consueta premessa - a cui ci ha abituato nel corso del suo pontificato quasi decennale - di non volere interferire nelle questioni politiche specifiche italiane. Tuttavia, non ha mancato di augura il meglio alla presidente Giorgia Meloni e ai suoi collaboratori, definendo il suo un "governo legittimo, votato dal popolo". Al tempo stesso, ha riservato un augurio anche all'opposizione "affinché sia collaborativa perché il governo è di tutti e ha come compito e obiettivo il bene comune e come unico orizzonte a cui puntare un futuro migliore per l'Italia".
L'unica raccomandazione rivolta non solo alla presidente Meloni ma a tutti i governanti è stata quella di "non dimenticare gli ultimi". Poi Francesco è passato a ricordare le sue memorie di Piemonte in Argentina, con le ore trascorse con i nonni emigranti e le poesie dell'autore torinese Nino Costa, sottolineando anche la ricchezza culinaria e vitivinicola del Piemonte per rimarcare il "valore culturale e sociale" del cibo e del vino.
In conclusione, il papa ha scherzato sul fatto che andando a trovare i suoi cugini mangerà la tradizionale bagna caoda ma li ha invitati a moderarne la quantità. L'intervista arriva a 24 ore dalla visita ad Asti, nei luoghi da cui partirono i suoi nonni e suo padre,- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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