Un viaggio (fotografico) attorno al paesaggio italiano

Così nel 1984 Ghirri&Co., usciti dal centro, "scoprirono" le periferie delle città

Un viaggio (fotografico) attorno al paesaggio italiano
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Anche se l'origine della parola è francese (paysage) non esiste paese che identifichi la propria immagine nel mondo con questa parola, «paesaggio», più dell'Italia. L'Italia è la terra del paesaggio, l'Italia è paesaggio. Il mito del paesaggio italiano è stato alimentato dai diari di illustri viaggiatori dei secoli passati (da Goethe a Montesquieu a Stendhal), qui giunti sull'onda del mito rinascimentale, della terra ritratta da Giotto e Raffaello, cantata da Dante e Petrarca, ridisegnata nelle sue proporzioni auree da Brunelleschi e Alberti e poi riprodotta in tante lastre fotografiche come quelle dei Fratelli Alinari. È l'Italia sognata da tanto cinema americano (penso a Vacanze romane), quella che tutti hanno sempre desiderato comprare.

Ma come il paesaggio si trasforma nel tempo, spesso in seguito a cambiamenti traumatici (una guerra, un cambio di regime economico, come la fine dell'età industriale), così cambia il nostro modo di rapportarci ad esso, di guardarlo, di abitarlo.

Sono perciò più di uno i motivi per cui un lettore comune, armato solo di curiosità, dovrebbe trovare molto interessante Viaggiatori ai margini del paesaggio di Corrado Benigni (La Nave di Teseo, pagg, 204, euro 22). Critico e storico della fotografia, Benigni offre qui un'opera che si colloca, per la sua valenza storica, a cavallo fra storia della Fotografia e storia dell'Arte. Il riferimento è a un'opera fondamentale come Viaggio in Italia, il progetto fotografico nel quale Luigi Ghirri raccolse intorno a sé, nel 1984, un numero ristretto di colleghi (Olivio Barbieri, Gabriele Basilico, Giovanni Chiaramonte, Mario Cresci, Guido Guidi, Mimmo Jodice) per una riflessione comune sull'idea di «paesaggio italiano».

Ma i protagonisti veri di questo libro non sono tanto i diversi fotografi e nemmeno l'importanza storica di un'esperienza come quella raccontata da Benigni. Protagonista del libro è un anno - l'orwelliano 1984 - che si trova sottotraccia in tante cronologie.

Di quell'anno è, per esempio, il progetto DATAR che promuove una rilettura radicale del paesaggio francese nel momento della sua trasformazione (più di un fotografo italiano vi prese parte), e sempre di quell'anno è la mostra milanese Artisti e scrittori che impone all'attenzione generale - grazie soprattutto a uno dei curatori, Giovanni Testori - un manipolo di nuovi pittori (tra cui Frangi e Velasco) capaci di oltrepassare la stanca polemica «figurativo/astratto». Sono anni in cui, grazie anche all'importanza della moda italiana, grandi fotografi si affermano all'attenzione generale (Avedon, Newton) contribuendo a una considerazione diversa, e non solo tra gli specialisti, del valore artistico della fotografia. Sono anni in cui la società fordista, industriale, cede il passo a quella del cosiddetto terziario. Di pari passo, una nuova categorie estetica fa la sua comparsa: il postmoderno. Finisce l'epoca delle catene di montaggio e di una certa narrazione borghese del mondo, che ha prodotto atmosfere vacanziere, cartoline illustrate, paesaggi da souvenir.

In un tempo come questo Luigi Ghirri promuove, riunendo alcuni sodali, visioni nuove del mondo che ci circonda. Già tre anni prima proprio Basilico aveva introdotto uno strappo presentando un ritratto di Milano inedito (Milano. Ritratti di Fabbriche), basato sulle fabbriche dismesse di cui era disseminata la cerchia periferica.

Viaggio in Italia segna, insomma, un'epoca in cui ciò che sta tra casa nostra e il luogo più bello del mondo smette di essere una parentesi: strade che si perdono nella pianura nebbiosa, vecchie case abbandonate, distributori di benzina, cave di sabbia, centrali elettriche... acquistano un valore ontologico nuovo e una nuova bellezza, perché - per parafrasare Ghirri - tutto quello che guardiamo, per quanto umile, esprime il nostro bisogno di infinito.

I grandi fotografi che parteciparono a questa esperienza seguirono in seguito ciascuno la sua via. Ma era opportuno fare il punto su un momento cruciale della nostra storia, quando una quantità di eventi, esigenze, riflessioni produsse uno sguardo nuovo sul mondo che ci circonda.

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