Nello Yemen la tensione è alla stelle. Sono circa sessanta gli ufficiali dell’esercito che hanno defezionato, abbandonando il
presidente, Ali Abdullah Saleh, per passare dalla parte dei manifestanti che da settimane ne chiedono le sue
dimissioni. L'ipotesi di golpe comincia a serpeggiare. L’ultimo della lista, tra gli ufficiali che hanno defezionato, è il maggiore Sadiq Ali Sarhan, capo della difesa aerea del primo battaglione corazzato di
Sanàa. Prima di lui ha fatto scalpore il passaggio con la rivolta del generali Ali Muhsin al-Ahmar, capo
carismatico dell’esercito e fratellastro del presidente Saleh, seguito dal maggiore Nasir al-Jahuri, capo del
121esimo battaglione dell’esercito. Inoltre, anche il governatore di Aden, Ahmad Qaatabi, ha lasciato il suo incarico e si è unito al movimento d’opposizione che
chiede le dimissioni del presidente yemenita.
Scontri e carri armati Aden, la seconda città più grande dello Yemen, nei giorni scorsi è stata teatro di violenti scontri tra
manifestanti antigovernativi e forze di sicurezza. Tensioni si sono registrate anche sabato nell’importante
città portuale.
Si moltiplicano intanto le defezioni nel paese arabo in reazione alla repressione dei manifestanti scesi in
piazza per protestare.
Intanto i carri armati dell’esercito sono stati dispiegati questa mattina per le strade del centro di
Sanàa. Secondo quanto riferisce la tv satellitare ’al-Arabiyà alcuni di questi carri armati si trovano nei dintorni
della piazza del Cambiamento, a difesa dei manifestanti che chiedono le dimissioni del presidente Ali Abdullah
Saleh.
I carri armati sono stati dispiegati in modo massiccio intorno ai palazzi chiave del regime, tra cui il
palazzo presidenziale, la banca centrale e il ministero della Difesa. "Sosteniamo e proteggiamo i giovani che protestano all’università di Sanaa", ha
affermato al-Ahmar, capo della zona militare del nordovest e della prima divisione, il quale ha avvertito che
la crisi che scuote il Paese rischia di trasformarsi in una "guerra civile".
Il monito dell'Onu Un duro monito contro il presidente Ali Abdullah Saleh, da settimane bersaglio di proteste, è arrivato
anche dal segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha condannato con forza il bagno di sangue avvenuto venerdì
scorso, quando oltre 50 persone sono state uccise. "Il governo dello Yemen ha il dovere di proteggere la
popolazione civile", ha ammonito Ban Ki-moon, condannando l’uso di proiettili veri contro la folla e
sottolineando che "non vi è alternativa ad un dialogo inclusivo su riforme politiche, sociali ed economiche". Ad acuire le tensioni anche la delicata situazione nel nord del Paese, dove ieri i ribelli sciiti zaiditi e l’esercito
si sono scontrati per ore per il controllo di una postazione strategica posta all’entrata della provincia di
Al-Jawf. La battaglia, nella quale sono morte venti persone, è stata vinta dai ribelli.
Khamenei: appoggiamo tutte le rivolte arabe L’Iran sostiene tutte "le rivolte nella regione", a prescindere dal fatto che a promuoverle siano sciiti o sunniti: lo ha affermato in diretta televisiva l’ayatollah Ali Khamenei, Suprema Guida Spirituale della Rivoluzione Islamica, e in quanto tale massima autorità anche istituzionale a Teheran. Il leader della Repubblica Islamica ha condannato "l’intervento militare" in Libia dei paesi della coalizione internazionale, sostenendo che essi hanno lo scopo di "mettere le loro mani sul petrolio libico".
La Guida Suprema, citata dal sito web dell’emittente ’Press Tv’, ha quindi rinnovato la solidarietà del governo iraniano agli insorti libici che combattono per rovesciare il regime del colonnello Muammar Gheddafi. Khamenei si è rivolto al popolo iraniano con un messaggio televisivo in occasione delle celebrazioni di Nowruz, il capodanno persian- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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