jihadisti

Non tutti gli europei che vanno in Siria sono foreign fighters. Esiste una massa di disadatti che fugge dalla miseria interiore imbracciando un kalashnikov con stampato il marchio delCaliffato, ma c’è anche un esercito di angeli che ricerca l’eroismo nelle piccole cose. Si chiamano Sos Chrétiens d’Orient (Sos cristiani d’Oriente) e vivono a Damasco da più di un anno

Sebastiano Caputo
I volontari per la Siria osteggiati da Hollande

Da “baby jihasiti” a “baby spie”. Alcuni sono ancora dei bambini, altri appena ragazzi, ex combattenti nelle file di al Shabaab “reciclati” per pochi dollari dall’intelligence somala come informatori. A denunciare questa verità nascosta è il Washington Post che, per la prima volta, ha dato voce ad alcune delle “baby spie”. Secondo i dati raccolti dal quotidiano statunitense, sarebbero centinaia i minori passati coattivamente alle file della National Intelligence e Security Agency (Nisa). Coinvolti in missioni ad altro rischio, mandati a viso scoperto nei quartieri più pericolosi della città a caccia di informazioni, minacciati: il quadro che emerge è agghiacciante

Elena Barlozzari
"Così i servizi segreti ci hanno rovinato la vita"

La rivelazione totale globale definitiva di questa settimana è che Assad e le sue truppe sono in torta con l’Isis. Palmira non è stata persa o conquistata ma passata di mano in mano. E da anni le due parti commerciano allegramente: petrolio per fertilizzante, pare. Chi lo dice? Sky News dalla Gran Bretagna. E chi lo dice a Sky News? Qui le cose si fanno un po’ meno chiare

Fulvio Scaglione
"Assad sta aiutando Isis". Ecco perché è una balla

Stato Islamico. Due parole. Un ossimoro. L’Islam, per sua definizione, è universale, globale. Tende ad includere tutto e tutti. Niente di più lontano dallo Stato, secondo la concezione occidentale, inteso come “ente dotato di potestà territoriale, che esercita tale potestà a titolo originario, in modo stabile ed effettivo e in piena indipendenza da altri enti”. Lo Stato come entità finita, quindi.

Claudio Rossi
Nel cuore del Califfato: tra ministri e agenti segreti

Il 15 febbraio 1989, il generale comandante della 40^ Armata sovietica Boris Vsevolodovich Gromov attraversa il ponte dell’Amicizia afghano-uzbeko, confine in metallo e asfalto che separa la Repubblica socialista uzbeka dal territorio teatro della prima e ultima sconfitta militare russa del secondo dopo guerra (1979-1989)

Marco Petrelli
Se Putin guarda a Kabul per combattere il terrore
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