“Ho sempre lavorato per me stessa”: così Gae Aulenti ha rivoluzionato architettura e design

L'architetto milanese ha lasciato una grande eredità in termini architettonici, urbanistici e nel design domestico e industriale

“Ho sempre lavorato per me stessa”: così Gae Aulenti ha rivoluzionato architettura e design

I regolamenti italiani sulla toponomastica prevedono che una strada o una piazza possano essere intitolati a una persona, ma devono trascorrere 10 anni dalla morte di un personaggio. Tuttavia ci sono le eccezioni: un’eccezione celebre è rappresentata da piazza Gae Aulenti a Milano, che venne intitolata poche settimane dopo la scomparsa dell’architetto e designer che ha lasciato un’impronta unica nel mondo dell’arte. E non sic et simpliciter in quanto donna. “Ci sono un sacco di altre donne architetto di talento - ha detto Aulenti una volta - ma la maggior parte di loro preferisce lavorare con gli uomini. Ho sempre lavorato per me stessa, e questo mi ha insegnato molto. Le donne in architettura non devono pensare di essere una minoranza, perché nel momento in cui lo fai, vieni paralizzato da questo pensiero”.

Chi era Gae Aulenti

Classe 1927, Aulenti nacque a Palazzolo dello Stella da Aldo Aulenti e Virginia Gioia, entrambi di origini meridionali. La sua formazione la portò alla laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1953 e poi all’abilitazione professionale. Il periodo storico di quegli anni è molto importante per l’architettura e l’urbanistica: in una città come Milano, che si riprendeva velocemente dalla Seconda Guerra Mondiale, si puntava a creare qualcosa di nuovo e al tempo stesso non dimenticare il bello ante-bellico. Aulenti lo sapeva bene: “La tradizione non è qualcosa che si riceve in eredità, ma qualcosa che si costruisce ogni giorno”.

Il Museo d'Orsay
Il Museo d'Orsay

Prima del conflitto, Milano era stata “travolta” dal Razionalismo: questo stile architettonico si era fatto strada tra piazze e vie della città, spesso anche con esiti notevoli - come per esempio villa Figini nel quartiere Maggiolina. Gli architetti del dopoguerra però decisero di realizzare qualcosa di completamente nuovo, e Aulenti fece parte di questo movimento, che prese il nome di Neoliberty. “La storia aveva creato una tabula rasa: bisognava ricollegare fili interrotti, scavare in profondità. Questo è stato il nostro dopoguerra e non so bene perché lo abbiano chiamato Neoliberty”, spiegò. Indipendentemente dal nome, il dado era tratto: il recupero della bellezza del passato, presentata in una veste estetica completamente nuova, era inesorabilmente iniziato. Col cuore, con l'anima e con molta meno razionalità.

Dal momento dell’inizio della sua attività, la storia di Aulenti fu una lunga sequenza di opere significativi, dentro e fuori le accademie, nelle città, nei musei e nella vita quotidiana delle persone, attraverso la realizzazione di rivoluzionari oggetti di design per la casa e per l’ufficio, oltre che divulgazione - fece parte della redazione di Casabella-Continuità dal ’55 al ’65 e del direttivo di Lotus International dal ’74 al ’79. Dal ’76 al ’78 collaborò al Laboratorio di Progettazione Teatrale con Luca Ronconi.

Il tavolo con le ruote
Il tavolo con le ruote

Lavorò inoltre come assistente universitaria dal ’60 al ’62 all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, dal ’64 al ’69 al Politecnico di Milano, come corrispondente dell’Accademia Nazionale di San Luca dall’84 e infine presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera dal ’95 al ’96. Operò inoltre per gli showroom e le aziende più disparate tra cui vale la pena citare la Olivetti, dalla cui collaborazione nacque un sodalizio artistico indimenticabile.

Gae Aulenti è morta il 31 ottobre 2012, lasciando un’eredità artistica tangibile. Oltre alle sue creazioni, l’architetto ha infatti lasciato un’archivio, consultabile attraverso il permesso della Soprintendenza archivistica e bibliografica della Lombardia. In questo archivio sono presenti numerosissimi disegni, progetti, fotografie e modelli: il lavoro di una vita condensato in una documentazione poderosa.

5 opere significative di Gae Aulenti

Piazzale Cadorna
Piazzale Cadorna

Piazzale Cadorna

È forse una delle opere di Aulenti che è sotto gli occhi di tutti e tra i luoghi del cuore di tanti milanesi. Piazzale Luigi Cadorna fu infatti oggetto di un’opera di modernizzazione urbanistica su progetto di Aulenti, che la fece diventare più “pop” nel senso più ampio del termine, ma senza tralasciare un messaggio importante. Nella piazza è infatti istallata una grande scultura, ovvero “Ago, filo & nodo” di Claes Oldenburg, che simboleggia al tempo stesso l’operosità di Milano - che è anche capitale della moda - e fa riferimento allo stemma degli Sforza, che durante il Rinascimento furono signori della città. “La mia architettura - spiegò una volta Aulenti parlando del proprio pensiero - è in stretta relazione e interconnessione con l'ambiente urbano esistente, che diviene quasi la sua forma generatrice, cercando, con questo, di trasferire nel suo spazio architettonico la molteplicità e l'intensità degli elementi, che vanno a definire l'universo urbano”.

Museo d’Orsay

Dal 1980 al 1986, Gae Aulenti si occupò, coadiuvata da artisti e progettisti italiani, del restauro e della trasformazione della Gare d’Orsay a Parigi in Museo d’Orsay. A partire dalla luce. “Per il Museo d’Orsay - raccontò l’architetto - che è un museo prevalentemente di impressionisti abbiamo discusso e deciso con i curatori che fosse ammissibile introdurre una variabilità luminosa legata alla meteorologia; questo perché gli impressionisti sono in gran parte dei pittori ‘open air’ all'aria aperta, pittori di paesaggi. Così i quadri cambiano a seconda di come è il cielo di Parigi che è un cielo di nuvole in movimento, di luci abbaglianti. Abbiamo cioè privilegiato un progetto di luce ‘naturale’, poi però, per il resto del museo, è stato richiesto che la luce artificiale ‘coincidesse’ con quella naturale”.

La lampada Pipistrello

La lampada Pipistrello
La lampada Pipistrello

Nel 1965 Aulenti progettò uno dei suoi pezzi di design più celebri, ovvero la lampada Pipistrello, che è ispirata all’Art Nouveau ma è necessariamente pensata e inserita in un determinato contesto - cioè lo showroom Olivetti di Buenos Aires in Argentina. È regolabile nel senso dell’altezza, e da lampada da tavolo diventa quindi piantana, ma, sebbene sia in commercio, è importante per chi la possiede, inserirla in un determinato contesto che la valorizzi, o perde la sua valenza artistica, l’idea che Aulenti ha messo in questa lampada.

Lo showroom Olivetti

Alla fine degli anni ’60 Aulenti realizzò appunto lo showroom argentino di Olivetti a Buenos Aires. È uno spettacolo di acciaio e materiali plastici, che si fondono in un tutt’uno che sembra provenire dal futuro, tra rette e curve che si intersecano e si fondono. Nello spazio fu inserita anche una statua lignea africana, proveniente dalla Costa d’Avorio, un pezzo d’arte tradizionale che simboleggia la fertilità.

Tavolo con ruote

A partire dal 1980, Gae Aulenti progettò un tavolo o tavolino con ruote.

Si tratta di un arredo di design davvero insolito: le ruote non sono poste tutte e quattro in diverse direzioni, eppure spostare il tavolo è facilissimo. Come una metafora dell’essere umano che può riuscire, attraverso la forza di volontà, a sciogliere anche i rebus più complessi.

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