Matita, gomma e temperino ci bastano per scrivere la nostra vita. Senza paura di essere giudicati da "maestrine dalla penna rossa"

Mi ha colpito la decisione di una maestra di correggere i compiti dei suoi alunni con una matita verde. Una riga rossa è urlo, sentenza, dito puntato, cesura, ferita

Matita, gomma e temperino ci bastano per scrivere la nostra vita. Senza paura di essere giudicati da "maestrine dalla penna rossa"
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Mentre cerchiamo di insegnare ai bambini tutto sulla vita, i bambini ci insegnano che la vita è tutto». È una frase di Angela Schwindt, letta in un post, che mi ha fatto riflettere in questi giorni in cui le strade si popolano di ragazzi con lo zaino in spalla alla ripresa della scuola. Gli fa eco il più famoso aforisma di Giacomo Leopardi: «I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli adulti invece il nulla nel tutto». Man mano che avanzano gli anni diminuisce l'entusiasmo dell'incontro e cresce la fobia del giudizio. Passando dall'asilo, alle elementari, alle medie, al liceo, all'università prende sempre più peso l'interrogazione, il test, l'esame. Poi ti trovi sui banchi del quotidiano e scatta l'ansia da prestazione. A fatica vediamo le persone come compagni di banco e ancor meno come insegnanti capaci di aprirci il libro delle opportunità. È più facile purtroppo che prevalga il percepire di essere circondati da tante «maestrine dalla penna rossa» pronte a evidenziare i nostri sbagli per darci l'insufficienza.

Su un prete questa proiezione è amplificata e mi sono sentito dire: «Confessarmi mi genera la stessa agitazione che avevo nelle interrogazioni al liceo». La prevalenza dell'attenzione alla colpa inquina avvenimenti e incontri, ma anche la stessa visione di se stessi e di Dio. Mi rendo conto allora del bisogno per noi che ci sentiamo grandi di imparare dai piccoli a preparare l'astuccio. Un elemento per loro essenziale che non può mancare è la matita. Pensando a me stesso è tantissimo tempo che non prendo in mano una matita: uso la tastiera, un marker indelebile, gli evidenziatori, qualche

volta la stilo per sfizio. Devo recuperarne una: non è solo uno strumento, ma è una logica. In sé cela il senso di ogni esperienza che ha la forza di educare. Vale per la scuola, ma anche e soprattutto per la famiglia e persino per la religione, consegnando le sue cinque verità.

La prima è che una matita può fare grandi cose, ma solo se si affida a una mano che ha il coraggio di provare, riprovare e anche di sbagliare. Non è il tratto della certezza, ma lo slancio impreciso della fantasia come investimento di creatività. La seconda verità è che di tanto in tanto deve fermarsi e accettare di essere temperata. Fa male, perché significa perdere qualcosa di sé, ma poi può riprendere la sua funzione e svolgerla meglio di prima. Può succedere che qualcosa o qualcuno te la spezzi a metà, ma il temperino trasforma il crack in una ulteriore punta, come sa fare la voglia di disegnare di un ragazzino. La terza verità è che per ogni scarabocchio c'è una gomma per cancellare a cui affidarsi. Non può essere però ruvida, dura, graffiante, altrimenti rovina il foglio. Quando si affronta il proprio errore, magari grazie all'aiuto di qualcuno, è il risultato che ci guadagna. La quarta verità è più introspettiva: il valore vero di una matita non è dato né dal legno né dalla colorata forma esteriore, ma dalla mina, da ciò che c'è dentro, che non si vede ma chiede comunque una custodia premurosa. Chi non ricorda il desolato «Nooo! Mi si è rotta ancora!» appena si iniziava a usare dopo averla temperata. La quinta e ultima verità è che ogni matita ha la capacità di lasciare segni su qualsiasi

superficie, che sia liscia o ruvida, carta o mattone. Perché quel segno sia un messaggio, però, è necessaria la chiarezza della grafia, cioè la cortese eleganza nel proporre, e poi il contenuto. Due elementi che la matita affida come responsabilità a ciascuno, ricordando di essere fatta per realizzare progetti, non pasticci.

Mi ha colpito la decisione di una maestra di correggere i compiti dei suoi alunni con una matita verde. Una riga rossa è urlo, sentenza, dito puntato, cesura, ferita. Un fondo verde, invece, inserisce delicatamente un sostegno e un terreno fertile da coltivare per maturare, crescere, fiorire.

Non è un nocivo far finta di niente, ma è educare ad uno stile relazionale che serve sempre a tutti: quello di distinguere lo sbaglio dalla persona, per correggere l'errore e aiutare l'errante, come disse Papa Paolo VI, proprio perché mentre cerchiamo di insegnare ai bambini tutto sulla vita, i bambini ci insegnano che la vita è tutto. Buon anno scolastico a chiunque ha una matita!

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