Gambe che si flettono, ginocchia che si piegano al ritmo di un bel twist, questo è il ballo ideale con cui scatenarsi sotto al chiaro di luna in una spensierata serata estiva italiana, con una brezza marina che ti accarezza dolcemente il viso. Questa potrebbe essere l’immagine simbolo dell’Italia degli anni ‘60, un Paese che ruggisce, che cresce e che sogna la vacanza al mare da fare con tutta la famiglia. E poi c’è lei, l’automobile, un sinonimo di successo e che fa gridare a tutti “lui sì che ce l’ha fatta” durante il miracolo italiano. Però, ci sono auto e auto, tutte dignitose, per carità, dalla Fiat 600 alla più piccola 500, ma una più delle altre ha trasmesso il senso di benessere e lusso, configurandosi come un inaccessibile desiderio: la Lancia Aurelia B24 Spider. Inarrivabile icona di bellezza e di grazia su quattro ruote, la cabriolet di Lancia offre un parterre di emozioni illimitate, tutte inevitabilmente legate a quel senso di sublime nostalgia che il Bel Paese del boom economico è in grado di scatenare nei cuori più sensibili. Vederla ancora adesso fa rimembrare a tutti quanti chi fossimo e come eravamo, facendoci – al tempo stesso - sprofondare in un’amarezza sconfinata una volta tornati con la testa al presente. La storia, tuttavia, è importante perché ci fa capire le proprie origini, i sentieri che sono stati percorsi e aggrapparsi a lei è un esercizio buono per trovare stimoli e ispirazioni nel futuro. L’Aurelia Spider, dal canto suo, è un’auto storica di grande prestigio e carisma, testimonianza su gomma di un momento magico e – forse – irripetibile.
Sessant’anni di "Il Sorpasso"
Una “clacsonata” stordente e arrembante, annunciava l’arrivo di un folle al volante della Lancia Aurelia Spider, che partita da Roma infrangeva la sua corsa in un paracarro lungo la dorsale tirrenica che fiancheggia uno dei litorali più belli della Toscana. Sono passati sessant’anni da quando Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant si sono seduti nell’abitacolo più famoso del cinema, nella pellicola “Il Sorpasso” di Dino Risi, primo road movie e icona del suo genere. Chi non ha sognato per un istante di mettersi al fianco di quel “pazzo” di Bruno Cortona, novello Lucignolo e scanzonato “Peter Pan” romano alla caccia di espedienti per sopravvivere, ma capace di portare sulla cattiva strada il più diligente e rigoroso studente modello come il personaggio interpretato dal timido Trintignant. Tra un disco di Modugno, che è meglio della poesia, il boicottaggio alle tombe etrusche e le scorribande con qualche altro guascone del volante, la Lancia Aurelia Spider fa gridare “Urrà” al giovane Roberto Mariani prima di andare incontro al suo funesto destino, in quelli che sono stati i giorni più belli della sua vita. L’auto italiana, grazie a questa vicenda cinematografica, è stata in grado di penetrare il cuore dello spettatore, che l’ha ammirata per quel suo ruggente motore V6, invidia di tutto il mondo, che la lanciava col vento tra i capelli a 172 km/h di velocità massima. L’errore è pensare che la Lancia fosse bianca, in verità quella guidata da Gassman era azzurra con un lato destro ancora da tinteggiare. Curioso, poi, come nel 1978, ancora Dino Risi, per narrare in “Primo amore” il personaggio di un attore in pensione (Ugo Tognazzi) alla ricerca della sua giovinezza smarrita, sia ricorso di nuovo alla vecchia, cara, Convertibile de “Il Sorpasso”.
La leggenda dell’Andrea Doria
Quelli erano anni in cui le convertibili spopolavano, perché rappresentavano un modo di interpretare la vita all’insegna del sogno e della spasmodica ricerca di libertà. Gli americani ne andavano pazzi e facevano carte false per portare le splendide Aurelia al di là dell’Atlantico. Una leggenda vuole che alcune decine di quelle spider firmate Pininfarina riposino ancora sul fondo dell’Oceano di fronte alla costa di Nantucket, nella stiva di una nave italiana tristemente nota: l’Andrea Doria, l’orgoglio della marina tricolore, tragicamente speronato dalla Stockholm - transatlantico rompighiaccio - in data 25 luglio del 1956, e affondato mestamente nelle perfide acque a stelle e strisce. In quei gelidi abissi, sarebbero custodite le convertibili italiane ancora con il passaporto in vista, speranzose di galoppare anche negli States.
Lancia Aurelia Spider, valore inestimabile
La celebrità derivante dal film di Dino Risi ha continuamente rinfocolato la valutazione di una delle più belle creature disegnate dalla Pininfarina, commercializzata tra il 1955 e il 1958 in poco meno di un migliaio di esemplari. “Quando vedi un’Aurelia B24, non ti basta guardarla, avresti voglia di toccarla”, così la descriveva Franco Martinengo, all’epoca direttore del Centro stile della carrozzeria che le ha dato i natali. Lo stesso Battista Pinin Farina la adorava così tanto, che non voleva dotarla di maniglie per non deturpare la sua splendida silhouette. La Lancia Aurelia B24 Spider o Convertibile, montava un motore V6 da 110 CV e aveva un prezzo di listino al suo lancio di 2.862.000 lire, per capire la proporzione lo stipendio medio di un italiano viaggiava sulle 43.000 lire al mese. Insomma, valeva come e più di un appartamento. La sua stima, però, non si è declassata nel tempo e ha viaggiato a tutta velocità con il cambio di valuta e le varie inflazioni: oggi per possederne una originale si può staccare un assegno di oltre 1 milione di euro.
Un sogno per ricchi collezionisti, dunque fortunati loro che potranno gridare “vai cavallina” sfrecciando a tutta velocità con il clacson in mano. Fate strada alla Lancia Aurelia Spider e mettete da parte le tristezze.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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