Garlasco - La battaglia delle perizie è solo alla seconda puntata. Ma è un colpo di scena dietro l'altro. Il primo articolo è sugli "Omicidi senza colpevoli". Poi ci sono i file archiviati come "pedofilia 1, 2 e 3". Pdf che riportano sempre articoli di giornale: "Chi sono davvero i pedofili? Sono vittime di una patologia dell’istinto o di una devianza psicosociale?". File tratti da internet salvati sulla chiavetta usb di Chiara Poggi soltanto pochi mesi prima che la ragazza venisse uccisa, il 13 agosto di due anni fa.
Domande e perizie Un giallo che apre la strada a nuovi interrogativi in un’inchiesta fin troppo affollata di domande. Perché Chiara avrebbe dovuto scaricare sulla sua chiavetta un file sui delitti irrisolti? Forse si sentiva minacciata? E, se sì, da chi? Particolari che rigettano ombre pesanti dopo che la posizione di Alberto Stasi sembrava alleggerirsi a seguito dell’ultima perizia sulle sue scarpe. I dati emergono dalla consulenza informatica della parte civile, quella che rappresenta la famiglia Poggi al processo contro Alberto, indagato per la doppia accusa di omicidio e detenzione di file pedopornografici: 128 pagine depositate il 30 settembre scorso, già inserite nella perizia che gli esperti nominati dal tribunale dovranno a loro volta consegnare entro oggi al gup Stefano Vitelli.
La pista della pedofilia Se per la parte civile non è stato possibile ricostruire con esattezza cosa Chiara vide sul computer del fidanzato tra le 21,59 e le 22,10 del 12 agosto, la sera prima di essere uccisa nella sua villetta di via Pascoli, (ora in cui lui stesso ha sempre dichiarato di essersi allontanato da casa Poggi per andare a chiudere il cane), è certo cosa la ragazza salvò sulla chiavetta tra il 17 marzo e il 24 maggio precedenti.
L'accusa punta su altro L’attenzione dell’accusa è puntata su nove file: cinque sull’anoressia e sul disturbo di "estrema dipendenza reciproca", tre (tutti pdf scaricati dalla pagina online di un settimanale) sulla pedofilia e in particolare sul profilo del pedofilo, e l’ultimo, pubblicato da Repubblica, sui cold case, i cosiddetti casi freddi. A rileggerlo ora, quell’articolo sembra quasi un presagio macabro. Perché in quelle righe Chiara avrebbe potuto leggere di se stessa, attraverso le pagine di giornale che poi hanno raccontato di lei, della sua fine: "Oggi basta una particella infinitesimale di sangue, sudore o pelle per tracciare il Dna di qualcuno che è stato a contatto con chi ha fatto una fine violenta.
Qualcuno che poi (...) dovrà spiegare che ci faceva in quel posto a quell’ora. (...) Qualcuno che resterà un semplice sospettato o, sperano i detective, verrà spintonato in cella, a scontare una meritata condanna per omicidio".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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