I punti chiave
Una parte dell’opinione pubblica si aspettava che a Filippo Turetta sarebbe stato comminato l’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, un’altra parte invece si augurava che così non fosse anche in virtù della giovane età dell’imputato, 23 anni. Una dicotomia che in queste settimane si è rivelata anche tra gli opinionisti di Quarto Grado, la trasmissione di Rete 4 che fornisce al pubblico approfondimenti sempre esclusivi e interessanti sui casi di cronaca nera e giudiziari.
E ieri non è stata da meno: il suo conduttore, il giornalista Gianluigi Nuzzi, ha intervistato infatti Gino Cecchettin, papà di Giulia, che ha così esordito: “Quei pochi minuti, durante la sentenza, hanno cambiato totalmente il mio punto di vista. Come padre non è cambiato nulla, perché da un anno a questa parte non ho Giulia e non c’è giorno che non sia uguale all’altro. Mi sveglio la mattina con il dolore, il dolore di una mancanza forte. E si sente. Si sente come non mai. Anzi, più passa il tempo, più - quando penso a Giulia - ho un dolore più profondo. E quindi, da quel punto di vista, sapevo che la sentenza non avrebbe fatto differenza”.
Le aggravanti
Sono parole, queste di Gino Cecchettin, che in un certo senso approfondiscono i concetti espressi nel corso dell’incontro con la stampa a margine della sentenza. Ma papà Gino fa di più ed esamina anche la questione delle aggravanti che non sono state accolte dai giudici, ovvero stalking e crudeltà. “Noi non possiamo sapere che cosa ha attraversato Giulia. Una pressione… di presenza, sia sui social che reale, è da considerarsi stalking. Perché quando arrivano centinaia, se non migliaia, di messaggi al giorno, te lo ritrovi di fronte alla fermata dell’autobus. Sicuramente Giulia non deve aver attraversato dei momenti felici. Poi, sul fatto che non avesse paura, non lo possiamo dire solo perché sia uscita quel giorno lì. […] [La crudeltà] è infierire oltremodo sulla persona che stai conducendo alla morte. E penso che Giulia l’abbia attraversata tutta... Su questo penso non serva neanche discuterne”, ha spiegato Gino Cecchettin.
Il risarcimento
Gino Cecchettin, insieme ai figli, la madre e in fratello sono stati ammessi come parti civili e, in base alla sentenza è stato stabilito per loro un risarcimento economico provvisionale (500mila euro per Gino, 100mila per Elena e Davide Cecchettin, 30mila per Carla Gatto e Alessio Cecchettin). Ma nessun risarcimento può compensare l’assenza di una persona. “Questo è il momento dove ho sentito, forse, più disgusto - ha chiarito l’uomo - Perché, per forza di cose, viene paragonata la vita a una cifra. Ed è quanto di più avvilente un essere umano possa sentire… perché non c’è nessuna cifra che possa riparare l’affetto mancato di una figlia. Quindi, ecco, forse ho iniziato a sentirmi male proprio da quel momento lì. Quando ho sentito Giulia paragonata a delle cifre… come se tutto fosse quantificabile in questa vita”.
Gino Cecchettin naturalmente avverte moltissimo la mancanza della figlia Giulia, ma anche della moglie Monica, venuta a mancare per una malattia nel 2022. Parla moltissimo di loro nel suo libro “Cara Giulia”, a partire dalla musica che era loro casa. Ma anche nella loro abitazione riecheggia ancora il suono delle loro voci. “È la casa che ci ricorda dove Giulia e Monica hanno vissuto con noi. Quindi è intrisa di ricordi, e per questo ancor più di valore. Cercherò di non cambiare nemmeno l’arredamento, perché so che su questi mobili, Giulia e Monica hanno messo mano… ci hanno messo cura”, ha deto papà Gino.
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La giustizia riparativa
Il padre di Giulia Cecchettin, nell’intervista con Nuzzi, ha preso in considerazione anche la possibilità della giustizia riparativa - Turetta non ha mai chiesto scusa ai famigliari della vittima nell’ultimo anno, affermando che le scuse sarebbero state nulla rispetto al suo gesto. “Mi ci vorrà del tempo, ma potrebbe essere una tappa - ha commentato Gino Cecchettin in relazione alla giustizia riparativa - Nel momento in cui il percorso viene fatto da entrambi, nel modo giusto. Quindi ci deve essere chiaramente un perdono sincero, e un percorso riabilitativo di un certo tipo. Immagino ci voglia del tempo, perché si arrivi a questo, ma io non lo escludo… ecco. Filippo dovrebbe, probabilmente, aiutare a capire il fenomeno che l’ha portato a fare quello che ha fatto. Quello potrebbe essere un contributo...
Cosa si scatena nella mente di chi arriva a fare un gesto di questo genere? Perché lui l’ha provato e, quindi, con onestà e sincerità, unito a un professionista che riesca a fare breccia su quello che è stato il suo percorso… Così potrebbe aiutare chi, come lui, è in quella condizione”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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