Botte e abusi in famiglia, per il 40% degli italiani non è violenza

Il ministro Gelmini: "Subito il fermo per gli uomini violenti e tutele per chi li denuncia"

Botte e abusi in famiglia, per il 40% degli italiani non è violenza

Botte e abusi per il 40 % degli italiani non sono da considerarsi violenza. Questi sono i dati emersi da una ricerca demoscopica realizzata da AstraRicerche con Rete antiviolenza del Comune di Milano e Gilead Sciences Italia alla vigilia della ‘Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne’ di domani, 25 novembre. Per un italiano su 4 schiaffeggiare la moglie non è considerata violenza. Ma, dato più sconcertante, è che siano anche le vittime, le donne appunto, a giustificare sia le botte che gli abusi sessuali da parte di mariti e compagni.

Se la violenza è in famiglia

Discriminazione di genere e disparità "devono essere risolti in via prioritaria da chi può" sia che si parli di violenza fisica, per il 60.8% degli italiani, che di quella psicologica, per il 57.8%. Eppure le violenze in ambito familiare vengono ancora spesso giustificate e sottovalutate. Nonostante i numeri siano decisamente preoccupanti: nell'89% delle donne che subisce violenza, questa avviene da parte di un familiare. Nel 74% dei casi si tratta di mariti, compagni, conviventi o anche ex, e il 68% di questi ultimi è italiano. Secondo quanto emerso dalla ricerca 3 intervistati su dieci non considerano violenza "dare uno schiaffo alla partner se lei ha flirtato con un altro". Fatto ancora più preoccupante è che tra le donne la pensa così il 20%, percentuale che sale tra gli uomini arrivando al 40%. Inoltre, un italiano su tre non considera violenza abusare sessualmente della propria compagna qualora questa non abbia voglia di avere un rapporto sessuale. A pensarlo sono circa quattro uomini e tre donne su dieci.

Gli abusi fisici

Ma non finisce qui. Un italiano su quattro è convinto che non sia da considerare violenza"commentare un abuso fisico subito da una donna affermando che è meno grave perché gli atteggiamenti di lei, il suo abbigliamento o aspetto comunicavano che era disponibile". In poche parole, se una donna sorride e indossa una minigonna vuole per forza starci. In questo caso sono soprattutto gli uomini a pensarlo, il 30% contro però un pesante 20% tra le donne.

L’Istat riporta che in Italia il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale e dall’inizio dell’anno si contano ben 103 femminicidi, in aumento rispetto allo scorso anno. In Italia, ogni giorno, si registrano 89 episodi di violenza sulle donne. Ma da una ricerca Ipsos per WeWorld è emerso che meno del 40% delle donne è consapevole di aver subito una forma di molestia almeno una volta nella propria vita. Il 70% delle lavoratrici ha però asserito di aver subito discriminazioni in ambito lavorativo, più del 40% ha dichiarato di aver subito una forma di violenza e/o molestia oppure un atto violento o una forma di controllo nel corso di una relazione sentimentale o familiare. Tra quelle che hanno dichiarato di non avere mai subito molestia, a fine indagine una su 5 ha dichiarato di avere subito almeno tre forme di molestia nel corso di una relazione sentimentale o familiare.

Denunce in aumento

Il numero di donne che sporge denuncia è cresciuto rispetto al passato, ma solo il 27% è disposto a iniziare un iter giudiziario. Da sottolineare che il piano triennale anti-violenza istituzionale è scaduto lo scorso anno e che ancora non è stato rinnovato, e che i fondi ai centri sono al momento bloccati. Cosimo Finzi, Direttore AstraRicerche, ha così commentato i dati emersi dall’indagine: "Ci sono alcune mancanze da parte dei cittadini. C’è una forte sottovalutazione del numero di donne che hanno subito uno stupro o un tentativo di stupro: costituisce il 5% delle donne tra i 16 e 70, mentre la maggioranza degli italiani pensa sia una percentuale ridotta, dell’1%. C’è un dato impressionante che è la non accettazione di cosa sia violenza sulle donne. Un quarto dei rispondenti non considera una violenza quella di uomo contro una donna se quest’ultima, come si dice, se l’è andata a cercare negli atteggiamenti o nell’abbigliamento. C’è molto da fare in termini di cultura generale per avere dei passi avanti”.

Toccherà a cinque ministre riscrivere le norme sul femminicidio. In una intervista a Repubblica, il ministro per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini ha spiegato: "Con le ministre Bonetti, Lamorgese, Cartabia e Carfagna stiamo valutando un pacchetto di misure che puntano, da un lato, alla tutela delle donne che subiscono violenza, dall'altro a rafforzare l'efficacia delle misure sanzionatorie e interdittive". Ha poi aggiunto che “il codice rosso è una misura di fondamentale importanza votata da tutto il Parlamento perché dispone una corsia preferenziale nelle indagini, prescrivendo tempi serrati per l'adozione dei provvedimenti. Ma sapevamo che, da sola, non sarebbe stata risolutiva anche perché presuppone che ci sia stata una denuncia".

"Non lasciare sole le donne che denunciano"

Nel concreto, Gelmini ha parlato di "misure di fermo più efficaci per gli autori delle violenze e una protezione per le vittime. Non possiamo lasciare sole le donne che denunciano". Il ministro ha poi precisato che la proposta della scorta è una misura di tutela per i casi estremi e con il consenso di chi subisce le violenze. Verranno anche potenziati gli aiuti economici per le vittime.

Intanto, il ministro ha tenuto a dire che con la legge di bilancio sono state stabilizzate le risorse per centri antiviolenza e case rifugio. Il ministro Carfagna ha proposto di realizzare le strutture utilizzando i beni sequestrati alla mafia, con un bando finanziato dal Pnrr. Iniziativa condivisa totalmente dalla Gelmini.

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