Arturo Centore si presenta puntuale negli uffici di via Mazzini del tribunale di Agrigento: l’interrogatorio risulta fissato alle ore 12, il comandante della Sea Watch assieme ai suoi legali è ai varchi di ingresso del palazzo di giustizia della città siciliana pochi minuti prima di mezzogiorno.
Da quell’edificio, fatta salva una breve pausa pranzo, Centore esce soltanto alle 19,30. Un interrogatorio fiume dunque, come prevedibile già alla vigilia: è lui del resto l’unico indagato per il caso della Sea Watch 3, la nave posta sotto sequestro dalla guardia di Finanza ed ormeggiata attualmente all’interno del porto di Licata.
Una vicenda che negli ultimi giorni scuote i palazzi romani della politica ed i cui echi vengono riflessi nelle mura del tribunale di Agrigento: finestre chiuse al quinto piano, dove sono situati gli uffici della procura, è lì che si sta ricostruendo l’intera vicenda iniziata lo scorso fine settimana. L’ingresso in acque italiane, il sequestro della nave, lo sbarco a Lampedusa dei 47 migranti recuperati dalla Sea Watch, tutti elementi che i pubblici ministeri agrigentini esaminano nel dettaglio.
Ad inizio interrogatorio il procuratore Luigi Patronaggio non è all’interno del tribunale, impegnato in una conferenza di presentazione di un progetto contro la violenza in prefettura, viene però avvistato agli ingressi dell’edificio intorno alle 13.
E da allora le telecamere non smettono di puntare dritto i riflettori verso quel quinto piano da cui si spera di avere ulteriori notizie. Il pomeriggio però scorre e le previsioni dei giorni precedenti sono ben confermate: calma piatta dagli uffici della procura, l’interrogatorio va per le lunghe e le uniche novità sul fronte immigrazione arrivano solo da Lampedusa, dove si assiste ad un nuovo sbarco di migranti tunisini.
Soltanto poco dopo le 18 dal tribunale escono due collaboratrici dell’ong Sea Watch incaricate di intrattenere i rapporti con la stampa: “Sì l’interrogatorio è davvero molto lungo – affermano a chi chiede informazioni – Sappiamo che il comandante risponde a tutte le domande, ma per il resto non possiamo fare previsioni su quando finirà il colloquio”.
Da lì in poi è un susseguirsi di falsi allarmi circa la fine o meno dell’interrogatorio, soltanto una finestra aperta al quinto piano sembra dare il segnale che per davvero forse stavolta il confronto è terminato. Ed infatti intorno alle 19:30 si vede un gran via vai di impiegati e collaboratori del tribunale.
Infine, è la volta dell’uscita dall’edificio del comandante Centore e dei suoi legali: “Interrogatorio molto lungo – dichiara Alessandro Gamberini, l’avvocato che parla a nome di Centore – Il mio assistito non può per il momento rilasciare molte dichiarazioni”. Entrambi provati, inseguiti dalla stampa anche dentro il bar posto poco fuori il tribunale, il comandante ed i suoi legali ricostruiscono in parte le sette ore di interrogatorio.
“Abbiamo voluto chiarire tutto – dichiara l’avvocato Gamberini – Il colloquio con i magistrati è stato lungo perché abbiamo ricostruito con dovizia di dettagli l’intera situazione e, in particolare, il fatto che il mio assistito ha seguito tutte le norme ed è entrato in acque italiane solo dopo molte ore e solo per motivi umanitari”.
L’avvocato del comandante ribadisce dunque quanto già affermato nei giorni precedenti, l’ultima affermazione è però del suo assistito: “Sì, rifarei tutto – risponde Centore ad una specifica domanda – Rifarei tutto quello per la quale mi indagano perché di mezzo c’erano vite umane”.
La lunga giornata agrigentina, per magistrati, indagato e team di legali, finisce dunque
qui. L’inchiesta va avanti, così come, in vista delle europee, ad andare avanti potrebbero essere le tensioni politiche in seno alla maggioranza per il caso della nave ormeggiata sotto sequestro nel porto di Licata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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