Dicono sia "colpa" del Concilio Vaticano II, ma forse i perché vanno ricercati altrove. Nella quotidiana contrapposizione tra progressisti e conservatori, la Chiesa cattolica si misura pure con il problema degli "abusi liturgici". La sinistra ecclesiastica parla quasi di evoluzioni naturali. La destra si scandalizza. Lo abbiamo visto anche durante il lockdown, con delle forme di fantasia liturgica a cui i fedeli possono non essere abituati. Dalla corsa tra i banchi del prete sorrentino al liquidator per il battesimo, passando per le "messe rock": lo stato dell'arte non è questo, ma una certa tensione alla fantasia c'è. Per i tradizionalisti non esiste appello: il fenomeno, che non può più essere stroncato sul nascere perché datato, non è accettabile.
C'è un altro punto che risiede da un'altra parte: nello spazio destinato alle "urgenze" della fede. Il lockdown e le disposizioni delle autorità governative hanno costretto l'Ecclesia a sospendere le celebrazioni. Poi, anche in Italia, c'è stata un po' di polemica per via del restingimento delle misure da parte del governo giallorosso. Quello che in prima battuta non aveva previsto la "riapertura" delle chiese. "Ritornare all'eucaristia con gioia" è la strada indicata dal cardinal Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino e per la disciplina dei sacramenti, così come ripercorso dalla Catholic News Agency. Il testo, che è stato condiviso con e da papa Francesco, nasconde una preoccupazione non da poco: che la pandemia possa ridurre la Messa ad un fatto occasionale, se non direttamente residuale. E per la Chiesa cattolica - questo è pacifico - un andazzo così non è concepibile.
Non si tratta tanto di evitare "abusi liturgici", insomma, ma di salvaguardare la celebrazione in sé e per sé. La diffusione del nuovo coronavirus ha sconvolto il piano delle cose da fare. Ma le rimostranze sulle originalità di certi preti persistono. Il nuovo Messale romano, secondo pure quanto riportato da Libero, si presta alla rivisitazione. Il testo rinnovato prevede alcune modifiche, come quella sul Padre Nostro (i fedeli non diranno più "non indurci in tentazione", bensì "non abbandonarci alla tentazione"), ma non sono gli aspetti dottrinali a preoccupare i parroci, soprattutto quelli legati all'ortodossia della celebrazione. I canti, in poche parole, sarebbero aumentati, fornendo un assist a chi intravede nell'apporto di novità a tutti costi un pendio scivoloso. Pure il Padre Nostro ora si presta alla musicalità ed al contributo del coro: c'è chi non è d'accordo e prova nostalgia per i tempi che furono. Ma l'andazzo è questo.
La Pontificia commissione Ecclesia Dei, quella che dovrebbe tutelare quelle realtà diocesane che richiedono la Messa antica, dovrebbe scomparire del tutto a breve. Il cosiddetto "rito tridentino" è divenuta una bandiera per la parte tradizionalista della Chiesa cattolica, ma le gerarchie ecclesiastiche propendono per la riforma e non per la restaurazione. E la Messa antica sembra destinata a finire nel dimenticatoio della fede, nonostante i movimenti ecclesiastici che la prediligono rimangano una fucina di vocazioni.
Stando a quanto ripercorso su Avvenire in relazione al nuovo Messale romano, "Per la prima volta le partiture entrano a pieno titolo nel corpo del testo e non finiscono in appendice come era accaduto nel Messale ancora in uso, quello datato 1983. Non solo. Aumentano i brani proposti. E si torna a privilegiare le formule ispirate al gregoriano evitando che il libro dell’Eucaristia diventi un luogo di sperimentazione".
C'è chi esulta per l'estensione degli spazi destinati ai canti e chi storce il naso. Il pontefice argentino dice che dividere è opera del diavolo, ma il dibattito in seno alla Chiesa - è solo una fotografia del momento - prevede che due fronti dicano due cose diverse.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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