Nuova eucarestia e fine del celibato. La Chiesa al bivio

Pane di yuca e sacerdoti sposati: le "grane" del sinodo per l'Amazzonia

Nuova eucarestia e fine del celibato. La Chiesa al bivio

Quando il 15 ottobre 2017 Papa Francesco annunciò un Sinodo speciale per l'Amazzonia da tenersi nell'ottobre 2019, tutti si chiesero perché, con una decisione inusuale, avesse scelto Roma quale sede dell'incontro. Man mano che l'appuntamento si avvicina diventa sempre più fondato il sospetto che alcuni avevano fin dall'inizio, ovvero che le «speciali circostanze» dell'Amazzonia siano state scelte come laboratorio per sperimentare alcuni cambiamenti radicali nella Chiesa. Il tema dell'incontro «Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un'ecologia integrale» rafforza i sospetti. E svolgendosi il Sinodo a Roma, tali novità diventerebbero immediatamente di esempio per tutta la Chiesa.

L'ultima è di questi giorni, l'ha lanciata il gesuita Francisco Taborda, docente di teologia all'Università dei gesuiti a Belo Horizonte (Brasile): in una intervista al giornale americano Crux, padre Taborda ha detto che è probabile che al Sinodo venga presentata la proposta di cambiare, per l'Eucarestia, il pane di grano con un pane di yuca, un tubero tipico dell'America Latina conosciuto anche come tapioca o manioca. Il pane di yuca è largamente usato nell'Amazzonia, dice padre Taborda, e contrariamente al pane di grano non diventa «poltiglia pastosa» a causa del clima molto umido della regione. In realtà anche questa non è un'idea nuova, a conferma di quanto già lo scrittore inglese G.K. Chesterton scriveva un secolo fa: «Il 90% di ciò che chiamiamo nuove idee sono semplicemente vecchi errori». Quella di sostituire il pane e il vino con alimenti locali è un'idea che andava di moda già negli anni '70 del secolo scorso, «inculturazione» la chiamavano, ma le domande sugli elementi validi per la comunione risalgono già ai primi secoli dopo Cristo. È solo una incomprensione di cosa sia l'Eucarestia. La Chiesa non ha mai avuto dubbi: è sotto le sembianze d+el pane e del vino che Gesù ci ha donato il Suo corpo e sangue, così egli ha fatto e così ha detto di fare. La Chiesa non può cambiare ciò che Gesù ha stabilito, discorso chiuso. È perciò già grave che si possa pensare che tale materia possa essere rimessa in discussione a un Sinodo regionale, tanto più se l'idea viene lanciata da un religioso che alla fine di febbraio è stato relatore al seminario di studio in Vaticano proprio in preparazione del Sinodo. La questione che però terrà banco è quella dell'ordinazione sacerdotale di persone già sposate. Viri probati, vengono definiti, ovvero uomini sposati di una certa età e dalla fede provata. Dovrebbe essere la risposta alla mancanza di vocazioni: ovviamente si parte dal caso eccezionale di una regione come l'Amazzonia, dove alcune comunità vedono il sacerdote una volta ogni anno. Ma è bastato ventilare questa ipotesi perché subito alcune Chiese europee si accodassero entusiaste, Germania in testa. Il fatto è che la questione dei viri probati è il grimaldello per far saltare il celibato sacerdotale. Anche qui il metodo è quello della prassi: non si mette in discussione la dottrina, di cui anzi si apprezza il valore, semplicemente la si contraddice in nome di una emergenza a cui rispondere. Per capire basta riprendere la risposta che Papa Francesco ha dato a un giornalista nella conferenza stampa al ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù a Panama, lo scorso gennaio. Il tema era appunto il celibato sacerdotale: nella prima parte della risposta il Papa si è lanciato in una difesa appassionata del celibato e del suo valore, e quindi non può essere messo in discussione nel modo più assoluto. Poi però ha aggiunto: «Soltanto rimarrebbe qualche possibilità nei posti lontanissimi, penso alle isole del Pacifico, ma è qualcosa da pensare quando c'è necessità pastorale». Ecco, si comincia con le eccezioni: i posti lontani, preti che visitano le comunità una volta l'anno (ma questo non è un problema nuovo, eppure non è mai stata presa in considerazione dai Papi l'eventualità di preti sposati), poi le eccezioni diventeranno rapidamente la regola. Con la stessa motivazione poi, ecco che ci sarà chi porterà il tema delle «diaconesse», su cui è stato proprio papa Francesco a volere tempo fa una commissione di studio in Vaticano. Come non pensare, anche qui, che sia solo l'inizio di un processo che prima o poi arrivi al sacerdozio femminile?

Ma non dimentichiamo la seconda parte del titolo del Sinodo che coinvolgerà gli episcopati di nove paesi che condividono la regione amazzonica -: l'ecologia. Anche qui, l'Amazzonia, il polmone verde del pianeta, è il luogo ideale per dare corpo a quella Chiesa «verde» che l'enciclica Laudato Sì prefigura. Ormai la questione del cambiamento climatico e delle politiche ambientali è diventata il principale terreno d'impegno della Chiesa, con uno scivolamento verso nuove forme di paganesimo. È un approccio che si ritrova anche nel Documento preparatorio del Sinodo sull'Amazzonia, in cui si favoleggia di culture indigene e precristiane che vivrebbero in armonia con la natura: «Le loro diverse spiritualità e credenze li portano a vivere una comunione con la terra, l'acqua, gli alberi, gli animali, con il giorno e con la notte». È un vecchio mito che ciclicamente ritorna e che oggi va di pari passo con la demonizzazione dell'evangelizzazione dei popoli indo-americani, puntualmente presente in questo documento.

È a questa visione che viene fatto corrispondere il concetto di «ecologia integrale» che è richiamato nel titolo del Sinodo. Ed è proprio su questo terreno che si potrà valutare la ormai enorme distanza tra le tendenze oggi maggioritarie nella Chiesa e ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e realizzato.

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