Le “torri” non hanno un nome a Tor Bella Monaca. I palazzi popolari di 15 piani sono marcati con lettere e numeri: R6 o M9. Grigi, come quelli di via dell’Archeologia dove, l’altro pomeriggio, hanno accerchiato la polizia. Non è la prima volta. Spesso, durante un arresto o una perquisizione, sulle volanti in strada piove di tutto. Qualunque cosa pur di “liberare” i pusher in manette. “La sindaca Raggi? La mandamo a cercare da “Chi l’ha visto?” dicono al bar.
Omicidi, sparatorie, case Ater trasformate in fortini dello spaccio. La gente onesta si ribella come può: parrocchia, teatro, scuola e dopo scuola. A Tor Bella Monaca, qualcuno potrebbe non crederci, c’è uno dei migliori licei scientifici della capitale. Ma il degrado e l’abbandono si toccano con mano. Spazzatura ovunque (non è una novità), lampioni spenti, buche ed erbacce, servizi sociali azzerati tanto per cominciare. Però sono in molti a rimboccarsi le maniche, dai parrocchiani di Santa Maria del Redentore ai volontari dei comitati di quartiere. Il portavoce dell’insofferenza degli abitanti si fa chiamare “stricnino” e fa il rapper. Il viaggio nella periferia romana comincia tra la via Casilina e il Grande Raccordo Anulare, una zona cresciuta a dismisura con le varianti di piano regolatore degli anni ’80. “Hanno realizzato case su case - raccontano i residenti - senza fornire alcun servizio”.
Tempo dieci anni e le amministrazioni varano un programma di recupero urbano. Non c’è un cinema ma, in compenso, viene costruito un teatro sotto la direzione, almeno all’inizio, di Michele Placido. Ospiti d’eccezione il giorno dell’inaugurazione sono Sylvester Stallone e Leonardo Di Caprio. “È una delle contraddizioni di questa realtà urbana - spiega un volontario che distribuisce siringhe nuove ai tossicodipendenti -. Su 30mila abitanti c’è una media altissima di eroinomani tanto da registrare più di 150 casi di overdose l’anno”. Metà degli alloggi a Tor Bella Monaca sono di edilizia economico popolare: case di proprietà comunale e dell’Ater. Oltre il 70 per cento della popolazione attiva lavora onestamente ma con redditi che superano di poco i mille euro. Il resto campa alla giornata. Molti fanno i galoppini per le famiglie di camorristi e ‘ndranghetisti trapiantate nella capitale.
Come a Scampia anche qui ci sono roccaforti che polizia e carabinieri sono costretti a espugnare con la fiamma ossidrica. Il murales dedicato a Serafino Cordaro, il boss ucciso nel suo bar di via Acquaroni su ordine del rivale Stefano Crescenzi, è stato rimosso in primavera dall’amministrazione comunale. Campeggiava su una casa Ater, sulla palazzina R6 in via Paolo Ferdinando Quaglia, con la scritta “Il nostro angelo”.
“Preoccupa quello che rappresenta () è un motivo di grandissimo prestigio criminale - dice il procuratore Prestipino -. In un quartiere come Tor Bella Monaca anche i muri parlano. Sono il simbolo di un potere mafioso che depreda e impoverisce il territorio, sfrutta le fragilità e blocca lo sviluppo di energie positive”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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