Vitto, alloggio e vestiario non si toccano. Il profugo senegalese che aveva violato la quarantena, allontanandosi dalla struttura che lo ospitava, non può esserne privato. Lo ha ribadito il Tar della Liguria nella sentenza con cui ha dato ragione a un richiedente protezione internazionale, annullando il provvedimento adottato in un primo momento dalla prefettura di Genova nei suoi confronti. A seguito di alcune intemperanze segnalate dai gestori del Cas nel quale era alloggiato, l'uomo si era infatti visto revocare alcune misure di accoglienza. Così, aveva fatto ricorso contro il ministero dell'Interno.
Alla fine, i giudici gli hanno dato ragione. Il senegalese aveva in particolare impugnato il provvedimento con il quale la prefettura di Genova gli toglieva la concessione di vitto, alloggio e vestiario; tale delibera era stata emessa in quanto "come segnalato dai gestori, lo straniero si era ripetutamente allontanato dalla struttura durante il periodo di quarantena obbligatoria a cui era sottoposto". Il richiedente protezione internazionale, da parte sua, si era difeso ammettendo sì di essersi allontanato, ma precisando di averlo fatto "in due occasioni". Ovvero, "per recarsi al lavoro e per sottoporsi alla seconda dose" della vaccinazione anti-Covid.
La prefettura gli aveva revocato le suddette misure di accoglienza ma secondo il Tar questo provvedimento non era da emettersi. "Valgono i principi della Corte di giustizia dell'Unione europea", ha spiegato infatti il tribunale amministrativo. I giudici inoltre hanno osservato che "uno Stato della Ue non può prevedere una sanzione consistente nel revocare, seppur temporaneamente, le condizioni materiali di accoglienza, relative all'alloggio, al vitto o al vestiario, dato che avrebbe l'effetto di privare il richiedente protezione della possibilità di soddisfare le sue esigenze più elementari".
Secondo quanto deliberato dal Tar, piuttosto, "si possono prevedere altre sanzioni che producano effetti meno radicali", ad esempio lo
spostamento del soggetto "in una parte separata del centro di accoglienza, con divieto di contatto con residenti del centro, o il suo trasferimento in un altro centro di accoglienza o in un altro alloggio".
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