"Non mi ricordo la loro faccia", ma il serial killer aveva ucciso 49 donne

Dall'inizio degli anni '80 fino al 2001, un serial killer terrorizzò la contea di Seattle. A distanza di 20 anni, il Green Rivers Killer venne fermato e confessò 49 omicidi

"Non mi ricordo la loro faccia", ma il serial killer aveva ucciso 49 donne

Sono ufficialmente 49 le vittime che gli sono state attribuite, ma il sospetto è che ce ne siano molte di più. Stando a questo conteggio Gary Ridgway può essere considerato uno dei serial killer più sanguinari degli Stati Uniti.

Gli inquirenti lo rinominarono Green River Killer, dal nome del fiume all'interno o lungo il quale sono stati trovati i corpi delle prime vittime. Per quasi vent'anni, il killer del fiume terrorizzò la contea di Seattle, nello Stato di Washington, prima di essere arrestato e condannato.

Nonostante nel corso degli anni sia stato sospettato più volte di essere il responsabile dei delitti, Ridgway non venne mai arrestato, fino al 2001, quando le nuove tecnologie confermarono che il Dna ritrovato su alcuni corpi era il suo. Così il Green River Killer venne allo scoperto.

La scoperta dei delitti

Era il 15 luglio del 1982, quando due ragazzi individuarono un corpo che galleggiava nel Green River. Quel corpo apparteneva a una ragazza di 16 anni, identificata poi come Wendy Lee Coffield, un prostituta scomparsa 8 giorni prima. Quando venne ritrovata, la ragazza aveva il collo stretto da un paio di jeans: era stata strangolata. Wendy è considerata la prima vittima del serial killer del fiume.

Poco meno di un mese dopo, il 12 agosto 1982, un uomo notò un corpo galleggiare nel fiume. Pensando fosse un animale, si avvicinò, ma scoprì che si trattava di una giovane donna: era la 23enne Deborah Lynn Bonner, un'altra prostituta locale, scomparsa da oltre una settimana.

Nonostante i primi due ritrovamenti, il caso del serial killer del Green River scoppiò il 15 agosto dello stesso anno, quando le vittime salirono a cinque e il killer del fiume iniziò a destare preoccupazione. Quel giorno, un uomo si imbatté in qualcosa che giaceva nel fiume, mentre lo attraversava a bordo di un gommone. Credendo fosse un manichino, cercò di recuperare il corpo, senza riuscirci, e si accorse che si trattava di una figura umana. Una volta giunto a riva, notò un'altra vittima e diede l'allarme. Poco dopo arrivò la polizia, che delimitò la zona in cui si trovavano i corpi e perlustrò l'area intorno alla riva del fiume. Così a pochi metri gli agenti individuarono un'altra vittima. Quel giorno vennero ritrovati i corpi di tre donne che, si scoprì poi, erano scomparse da qualche giorno. Tutte erano state strangolate. E tutte facevano le prostitute, esattamente come le due donne ritrovate poco tempo prima.

Le indagini

La sorella di una giovane vittima di Gary Ridgway testimonia al processo
La sorella di una giovane vittima di Gary Ridgway testimonia al processo

A occuparsi inizialmente delle indagini fu la polizia della contea di King, che formò una squadra di 25 agenti, denominata Green River Task Force, con a capo Robert Keppel e David Reichert. Col passare dei mesi, i ritrovamenti di vittime nella stessa zona e con le stesse caratteristiche delle precedenti si moltiplicarono. Per questo, gli agenti pensarono da subito alla presenza di un possibile assassino seriale, dato che le modalità di uccisione e le caratteristiche delle vittime facevano pensare che dietro i delitti si nascondesse una stessa mano. Gli omicidi continuarono per tutto il 1983 e il 1984, quando il bilancio delle vittime salì a 26: tutte prostitute, tranne una ragazza ventenne, e tutte uccise con le stesse modalità.

I casi a cui lavorare crescevano, come aumentavano anche le informazioni e i dettagli che la task force doveva organizzare e analizzare. Per questo le indagini si rivelarono fin dall'inizio molto complesse. Inoltre le ricerche e le domande alle altre prostitute e a chi frequentava quella zona non diedero gli effetti sperati.

Nel gennaio del 1984, come spiega Occhirossi.it, cambiò la guida della task force, che passò sotto il comando del capitano Frank Adamson. Nonostante i collaboratori rimasero gli stessi, Adamson portò alcuni cambiamenti, trasferendo il quartier generale in una zona più vicina a quella in cui avvenivano i crimini e suddividendo la squadra in gruppi, a ognuno dei quali venne assegnato un compito preciso, tra chi si occupava delle vittime, chi dei sospetti, chi della scena del crimine. Al tempo, la task force era formata da 22 uomini.

Nell'estate del 1985 anche l'Fbi di Seattle si unì alle indagini, come ricorda l'agenzia governativa sul proprio sito. Nello stesso anno gli inquirenti si avvalsero persino dell'aiuto di Ted Bundy, un serial killer statunitense che uccise almeno trenta studentesse: l'uomo offrì la sua collaborazione alla task force, cosa che gli permise di rimandare la condanna alla pena di morte. Ma anche questa strada si rivelò infruttuosa. Nel gennaio del 1986 altri dieci agenti dell'Fbi si unirono alle indagini, ma il Green River Killer rimase ancora senza volto.

Il killer fermato più volte

In realtà nel corso delle indagini Gary Ridgway venne fermato più volte dalla polizia, che lo sospettò per gli omicidi delle prostitute, ma non lo incriminò mai. In due occasioni venne anche sottoposto alla macchina della verità, superando positivamente l'esame. Nel 1983 il fidanzato di una delle vittime la vide per l'ultima volta allontanarsi su un pick-up scuro e, dopo la scomparsa della donna, si mise a cercarlo. Qualche tempo dopo, il veicolo venne individuato, parcheggiato davanti alla casa in cui viveva Ridgway in quel periodo e due investigatori lo interrogarono.

Il killer, pur ammettendo di essere stato arrestato in passato per sfruttamento della prostituzione, disse non essere mai stato con la donna scomparsa e da una superficiale ricerca nella casa non emerse nulla. Così Ridgway non venne incriminato e il caso restò insoluto per parecchi anni, fino alla soluzione definitiva.

L'anno successivo, Ridgway venne interrogato nuovamente circa i suoi contatti con un'altra prostituta uccisa. A mettere gli investigatori sulle sue tracce fu un'amica della vittima, che aveva descritto l'uomo. Ma anche in questo caso, il killer riuscì a farla franca, raccontando agli inquirenti di aver contattato la testimone dopo la scomparsa della vittima e che questo aveva probabilmente portato la donna a pensarlo colpevole.

In concomitanza con i fermi e le perquisizioni, cessavano anche gli omicidi commessi, ma non i ritrovamenti dei corpi, che continuavano a venire alla luce, anno dopo anno. Anche nel 1987, Ridgway finì nuovamente al centro delle indagini, ma ancora una volta i sospetti su di lui non bastarono a farlo finire dietro le sbarre. Così, nel 1990, dopo 8 anni di indagini, la Green River Task Force venne ufficialmente sciolta.

La svolta grazie al Dna

Gary Ridgway piange alla lettura della sentenza
Gary Ridgway piange alla lettura della sentenza

Tutto faceva pensare che l'assassino sarebbe rimasto a piede libero e che nessuno avrebbe mai scoperto la verità sul killer del fiume. Dopo lo scioglimento della task force, a gestire il caso era rimasto un solo uomo, Tom Jensen. Ma anche David Reichert, il primo a guidare la task force, non aveva smesso di indagare. Così, quando nel 2001 le nuove tecniche forensi iniziarono a mostrare i primi progressi, come la possibilità di estrarre il Dna da campioni genetici, il caso venne riaperto.

E nel settembre del 2001 vennero riesaminati tutti gli indizi e tutto il materiale delle indagini, tra cui alcune tracce di sperma, che gli investigatori ritenevano essere appartenuti all'assassino e relative ai delitti del 1982 e del 1983. Il Dna delle tracce di sperma corrispondeva a quello di Gary Ridgway, estratto da un suo campione di saliva prelevato nel 1984. Dopo aver raccolto ulteriori riscontri e prove il Green River Killer venne arrestato il 30 novembre 2001, dopo 20 anni di indagini.

Ridgway era accusato di quattro omicidi accertati, ma con le analisi sul pick-up del killer, vennero verificati altri tre delitti. Inizialmente il killer non ammise di aver commesso gli omicidi, ma quando la polizia lo avvertì che avrebbe potuto evitare la pena di morte se avesse detto la verità, l'uomo confesso di essere il serial killer del fiume.

Nel novembre del 2003 Ridgway ammise tutti i delitti inseriti nella lista della polizia: erano in totale 48. L'uomo guidò gli agenti anche nei luoghi in cui avrebbero potuto ritrovare i corpi di alcune donne scomparse. Il 18 dicembre del 2003, il giudice Richard Jones ha condannato Ridgway a 48 ergastoli, uno per ogni donna assassinata, e a una multa da 480.000 dollari, 10.000 per ciascuna delle vittime.

"Non ho una buona memoria dei loro volti - disse il serial killer, come riportò il Los Angeles Times - Ho ucciso così tante donne, faccio fatica a ricordarle". Ridgway dichiarò di aver ucciso le sue vittime nel proprio camioncino o in casa sua, strangolandole, e di averle poi scaricate nei luoghi in cui vennero ritrovati i corpi. Successivamente venne trovato il teschio mancante di una delle vittime, di cui il serial killer aveva confessato l'omicidio, ma per il quale non era stato giudicato, per insufficienza di prove. Nel 2011 Ridgway venne ufficialmente incriminato anche per questo omicidio e gli venne aggiunto un altro ergastolo, portando le vittime accertate a 49.

Delle donne ritrovate e attribuite al Green River Killer due restano ancora senza un'identità.

Inoltre c'è il sospetto che un'altra ventina di delitti rimasti senza un colpevole potrebbero essere opera di Ridgway. Il serial killer del fiume venne assicurato alla giustizia e sta scontando la sua pena nel penitenziario statale di Washington a Walla Walla.

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