Che cosa sceglierai di ricordare, oggi, carissima Magistratura democratica? Di che cosa parlerai nei tuoi giorni di auto-consacrazione? Qualcuno il contropelo dovrà pur fartelo. Sappi che la grossolana wikipedia, a cui si abbevera la peggio gioventù, dice che tu sei la corrente dei togati con «orientamento progressista e di sinistra». E però non dice che tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, in pratica, tu proponesti un uso alternativo del diritto: non la banale e borghese applicazione della legge, ma la sua libera interpretazione in chiave marxista, leninista e persino maoista. Non stiamo esagerando. La brava gente con le migliori velleità è nascosta dappertutto (nascosta davvero bene, talvolta) ma questo non toglie che le tue finalità, quelle di Md, fossero si può dire, è tutto scritto radere al suolo la società capitalistica e il sistema liberal-democratico: questo dietro il paravento di una difesa della Costituzione.
L'ubriacatura ideologica era quella che era. Chissà se ricorderete l'Unità del 19 maggio 1978 che titolava: «Spaccatura profonda in Magistratura democratica... Nel documento sono passati concetti di riconoscimento delle cosiddette formazioni militari armate, si parla addirittura di azione di via Fani». Era minoranza, certo. L'Unità del 25 maggio 1978 invece riportò le motivazioni delle dimissioni dei magistrati Libero Mancuso e Ferdinando Russo: «L'unica politica che finisce per imporsi in Md è quella estremistica». Esagerati. Però nelle pubblicazioni di Md si poteva leggere che «La classe borghese è oramai impossibilitata a garantire un qualsiasi progresso su ogni piano», «Il disprezzo per le Istituzioni è oramai entrato in molte coscienze democratiche», «La nuova sinistra giudiziaria... non potrà non rispondere con una accentuazione... del ruolo professionale di contropotere e quindi dilatazione della elasticità della legge». Ti stiamo annoiando, cara Md? Forse: però sei tu che ammiccavi a «una democrazia socialista» con un garantismo «dinamico»: «Il garantismo non è un momento difensivo contro lo Stato onnivoro del capitale ma è un elemento indefettibile della forma nuova di Stato» (Salvatore Senese, congresso di Md, settembre 1979).
E i maoisti? Francesco Misiani, tra i fondatori di Md (e arrestato dai suoi amici di Md del pool Milano per le vicende del romanissimo «porto delle nebbie») la metteva così: «Le esperienze cinesi servono per dare la misura di quanto sia grande la frattura tra gli interessi del popolo e la giustizia nel mondo capitalista». Misiani è morto. Prima, però, in un bel libro scritto con Carlo Bonini (La Toga Rossa, Tropea 1998) fece in tempo a mettere nero su bianco perché il Pci era uscito indenne da Tangentopoli: «Se avessi insistito, prima o poi, sarei riuscito a dimostrare che il Pci non era estraneo al circuito di finanziamento illecito... non lo feci, consapevole anche del fatto che la resistenza anche a lunghi periodi di detenzione, dimostrata dagli indagati, forniva anche un ineccepibile dato formale in grado di chiudere le inchieste». Un caso isolato? Potreste parlarne. Ma nel programma della vostra auto-consacrazione, oggi, si legge d'altro. Peccato: sarebbe bello rileggere e ricordare gli ardori giovanili di Giancarlo Caselli, Edmondo Bruti Liberati, Ilda Boccassini e Pierfrancesco Greco. Invece riportiamo, qui, solo una perlina di Gherardo Colombo (poi pm di Mani pulite) scritta sulla rivista di Md nel 1983: «Alla magistratura è stata devoluta una serie di compiti che investono più la funzione politica che quella giurisdizionale», inoltre «gli spazi lasciati aperti dall'insufficienza dell'opposizione politica sono stati essi pure, necessariamente, occupati dall'intervento giudiziario». Necessariamente.
Forse stiamo retrodatando troppo, dovremmo fare discorsi più seriosi: come quelli che farete oggi voi, cara Md. Noi, intanto, ci chiediamo questo: se la mediocrità culturale e aspirazionale che in quegli anni condizionò la formazione di un'intera generazione per esempio di docenti e di insegnanti (con ricadute terribili sugli studenti) non abbia fatto il paio con la formazione di una generazione di magistrati egualmente mediocri e ideologizzati: con ricadute sulla libertà altrui (altro che garantismo: siamo l'unico Paese del mondo in cui i forcaioli sono soprattutto a sinistra) ma con ricadute anche su un sistema-giustizia collassato. È la storia degli ultimi trent'anni, e non serve ripetere il nome dei «nemici di classe» apparsi sul proscenio, o al governo, ergo, ogni volta, nel vostro mirino: colpevoli, in qualche caso, di voler addirittura riformare la giustizia. A proposito: se quella di Carlo Nordio (domani vostro sgradito ospite) la chiamassero «Riforma Falcone», sarebbe davvero così grave? Sul Manifesto di ieri, in ultima pagina, un altro storico esponente di Md, Giuseppe Di Lello, mostrava sprezzo verso il Guardasigilli e tornava sulla menzogna (è così che si chiama così: menzogna) secondo la quale Giovanni Falcone non era favorevole alla separazione delle carriere. Ce ne vuole di coraggio. Del resto Di Lello, sulla rivista di Magistratura democratica, nel 1983, annotava che «Dobbiamo decidere se siamo dei compagni che restano tali pure essendo magistrati; dobbiamo anche decidere se Magistratura democratica, nata per contrastare le mistificazioni della giustizia borghese, debba oggi accettare di farsi garante di una eventuale repressione dell'area del dissenso». Bene: avete deciso, Di Lello?
Ma del declino della magistratura soprattutto nella percezione popolare (se ve ne importa qualcosa) ora qui non parliamo, cara Md. E poi ne hanno già scritto troppo Alessandro Sallusti e Luca Palamara in un certo libretto (Il Sistema: ha persino venduto qualche copia) e poi, oggi e domani, ne parlerete di certo voi. A proposito: se proprio non volete saperne di una «Riforma Falcone», parlate almeno di lui, di Falcone, grazie.
Di quando Magistratura Democratica lo bocciò come consigliere istruttore di Palermo, di quando bocciò la sua idea della Superprocura antimafia, di quando scriveste, sul Bollettino di Md, a pagina 155, di suoi «disegni di ristrutturazione neo-autoritaria». Ne parlerete, oggi? Forse non ne parlerete, oggi.Filippo Facci
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