Si sente spesso pronunciare questa frase:"I migranti mettili a casa tua!" Soprattutto se a parlare sono cittadini italiani esasperati da situazioni ormai al collasso. Silvio Aimetti, sindaco di Comerio, un paese di 2.800 abitanti, patria della Ignis che tutti ricordiamo, ospita cinque rifugiati in un appartamento di sua proprietà. Detto, fatto. Il sindaco ha pensato che questa sarebbe stata un'opportunità anche per i suoi cittadini, i comeriesi in difficoltà. E ci spiega perché.
Ha dato in comodato d'uso il suo appartamento di circa 90 metri quadrati alla cooperativa Lotta contro l'emarginazione, per sistemare cinque ragazzi provenienti dal Bangladesh.
Comerio, in provincia di Varese, sorge in terra leghista, e proprio per questo la decisione del sindaco ha fatto eccezione. Dopo le polemiche iniziali sollevate da parte di amministrazioni limitrofe che hanno organizzato spedizioni punitive e qualche insulto su Facebook, Silvio Aimetti sta concretamente realizzando il suo progetto.
Una decisione che ha trovato l'approvazione della sua giunta ("siamo una lista civica" - precisa il sindaco) e dei cittadini. Ma attenzione, perché Silvio, così si fa chiamare da tutti, non si intasca un euro di affitto. Infatti questi soldi vengono spesi a favore dei cittadini in difficoltà lavorativa o disoccupati, dando l'opportunità di reinserirsi nel lavoro con progetti mirati. Intanto, ha organizzato subito corsi di italiano per i cinque ragazzi e ha chiesto loro di impegnarsi in lavoretti di volontariato: come la raccolta delle foglie e la pulizia del cimitero. Addirittura i ragazzi hanno in casa il fascicolo per la sicurezza sul lavoro e un planning settimanale con i gruppi lavorativi, le ore di italiano, le ore di preghiera in moschea.
Tutti i cittadini si sono dati un gran da fare quando, a metà settembre, sono arrivati. Coperte, scarpe, vestiti, cibo. In casa non manca proprio nulla.
Oltre al bene dei cittadini, il sindaco, da buon religioso, ha anche accolto l'appello di Papa Francesco che invitava ad accogliere i migranti in casa propria.
Ci porta nella casa che accoglie i suoi giovani ospiti e quando gli chiediamo se scappano dalla guerra oppure no, lui taglia corto:"Non ne faccio una questione di migranti economici o no, io voglio concretizzare questo progetto per il bene loro e dei miei cittadini". Del resto, Silvio Aimetti nella vita è un ingegnere, ha il suo lavoro e fa il sindaco per passione e per spirito di servizio al cittadino.
Incontriamo i suoi cinque ospiti. Due di loro rientrano dalla raccolta delle foglie, hanno riempito ben sette sacchi. Ognuno ha il proprio letto, c'è la televisione, uno stendino per i panni, una cucina ampia con frigorifero e un'altro spazio con lavatrice, lavandino e fornelli. Ci sediamo di fronte a un tè preparato al momento. Tutti hanno affrontato un lungo viaggio, dal Bangladesh a Dubai, poi in Sudan, in Libia e infine a Lampedusa. Dalla Libia a Lampedusa sono saliti su una barca pagando "600 in denaro libico" ci risponde uno di loro. Vista l'accoglienza, vorrebbero rimanere in italia, trovare lavoro e sistemarsi grazie all'aiuto degli italiani. Stimano il sindaco, che è il padrone di casa, lo trovano buono e amichevole. Essendo in una piccola palazzina con case attorno, hanno dovuto adattarsi agli orari, alle abitudini, al mangiare italiano e, pare, che l'esperimento stia funzionando.
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