Cesare Romiti passerà alla storia soprattutto per la marcia dei 40mila impiegati ed operai della Fiat che ha avuto luogo il 14 ottobre del 1980, che ha cambiato radicalmente il rapporto fra il mondo del lavoro e il sindacato, interpretando il processo di modernizzazione che si stava determinando nel mondo produttivo, in cui era tramontata la distinzione fra operai, impiegati e quadri intermedi. Non c'era più la lotta di classe, c'era l'interclassismo.
Figlio di un impiegato postale, Romiti lo sapeva, perché era stato studente lavoratore per prendere la laurea in scienze economiche all'Università di Roma, La Sapienza, nel settore della finanza aziendale.
Senza la collaborazione di Romiti, i 40mila (in realtà non erano più di 20-30mila) lavoratori della Fiat, operai, impiegati, quadri intermedi e dirigenti che sfilarono a Torino, ordinatamente, in silenzio, con grandi cartelli chiedendo il diritto a lavorare e la cessazione della violenza, non avrebbero potuto riunirsi nel teatro, che egli aveva fatto affittare.
Romiti aveva assicurato che li avrebbe protetti, una volta tornati in fabbrica: li considerava come l'avanguardia del cambiamento che promuoveva nel rapporto fra l'impresa e i suoi addetti.
Io, da poco eletto alla Camera per volontà di Craxi, per sostenere la nuova linea del liberal-socialismo, sono stato testimone attivo della vicenda. Avevo partecipato a Torino ad alcuni incontri con Romiti in casa Agnelli, quando era diventato amministratore delegato della Fiat, su suggerimento di Enrico Cuccia, patron di Mediobanca, che lo aveva consigliato alla famiglia per rimettere a posto finanziariamente il gruppo, che allora era in uno stato disastrato.
L'inizio non era stato facile, perché aveva dovuto confrontarsi anche con l'altro potente amministratore delegato, Carlo De Benedetti, azionista di minoranza, che non voleva perdere potere. Ma dopo un anno, De Benedetti vendette le azioni Fiat e lasciò il gruppo. La Fiat aveva bisogno di una profonda riorganizzazione, avendo personale in eccesso e un elevato tasso di assenteismo. Lo Statuto dei lavoratori adottato per tutelare dal licenziamento chi aveva una tessera politica o sindacale non gradita e le donne vittime di stalking, era oramai interpretato nel senso di non licenziare gli assenteisti. A dominare il campo erano terrorismo, pan-sindacalismo, scioperi generali, la minaccia costante di occupazione delle fabbriche. La scala mobile, nata per tutelare il salario minimo, era stata generalizzata e ciò generava inflazione a due cifre. Enrico Berlinguer, leader del Pci, appoggiava il pan-sindacalismo, per poter mantenere in piedi i governi del compromesso storico.
Romiti riteneva che il mondo stesse cambiando. La svolta avvenne nel 1980, con la creazione del serpente monetario europeo, che dava inizio al percorso verso l'unione economica e monetaria europea. Il Pc di Berlinguer era contro quell'accordo, che era stato approvato dal Psi, guidato da Bettino Craxi, di cui io, allora, come professore e giornalista ero l'ideologo economico. Nell'autunno del 1980 era al potere un governo di centrosinistra guidato dal Dc Cossiga, con l'appoggio esterno del Psi di Craxi, che mi aveva fatto entrare in Parlamento.
Così sono stato sostenitore della svolta impressa da Romiti come parlamentare, consulente di Craxi che la appoggiava. E sono stato spettatore della svolta a Torino dove ebbe luogo.
Essa, dopo un periodo fecondo negli anni '80-90, si è bloccata ed ora va ripresa. Il messaggio di Romiti è che - cooperando - ciascuna delle parti che partecipano alla vita aziendale ci guadagna, perché il gioco dell'economia non è a somma zero.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.