Le trimestrali delle Big del tech disegnano il futuro: ecco cosa sta succedendo

I conti dimostrano che il panorama delle Big del tech sta mutando rapidamente. Alphabet, Amazon e Meta stanno cambiando pelle

Le trimestrali delle Big del tech disegnano il futuro: ecco cosa sta succedendo

Leggendo le trimestrali delle Big del tech appare evidente una cosa su tutte: Meta (Facebook) vale quasi 700 miliardi di dollari meno di un anno fa, Microsoft cede sul fronte delle licenze Windows e YouTube (del gruppo Alphabet) per la prima volta vede una contrazione dei ricavi pubblicitari, al contrario di Amazon che non è nata per fare pubblicità.

Il futuro sembra di difficile interpretazione ma, scavando un po’ in profondità, ci si rende conto che è già iniziato e che i nuovi modelli di business non hanno ancora dato i loro frutti.

Uno sguardo a conti e trimestrali

Iniziamo da Meta, il gruppo a cui fanno capo tra gli altri Facebook, Instagram e WhatsApp: per rendere bene l’idea già a una prima occhiata diciamo che 329,98 dollari era il prezzo di un’azione un anno fa e 96,96 dollari, il prezzo di oggi. La trimestrale presentata il 26 ottobre parla di un utile netto sceso del 52% a 4,39 miliardi di dollari e fatturato in contrazione del 4% a 27,7 miliardi. Le cause vanno al di là di quelle citate dai media e lo si può provare scartabellando un po’ tra i bilanci.

Hanno un peso la congiuntura, la concorrenza (non soltanto quella di TikTok) e le iniziative con cui Apple garantisce la privacy degli utenti e li rende meno profilabili (il che ha una ricaduta sui margini pubblicitari). A pesare di più, anche se appare meno evidente, sono le attività dei Reality Labs, il compartimento aziendale dedito allo sviluppo della realtà virtuale e del metaverso che ha perso 3,7 miliardi di dollari incassandone circa 285 milioni. Le attenzioni del Ceo Mark Zuckerberg sono tutte rivolte alle sperimentazioni. E questo ci permette di tirare la prima conclusione: nel futuro di Meta c’è soprattutto il metaverso che ancora non esiste, non è definitivo, non ha leggi e non fa profitti.

Alphabet, la holding che racchiude in sé anche Google e YouTube – tanto per citare le aziende più note – negli ultimi 12 mesi ha perso il 36,7% sul fronte pubblicitario, lasciando registrare un rialzo dei ricavi del 6% che corrisponde alla crescita più lenta degli ultimi 10 anni. YouTube, per la prima volta nella sua storia, ha subito una contrazione degli introiti pubblicitari, scesi del 2% e assestatisi a 7,1 miliardi di dollari. Anche in questo caso il motivo di superficie è la concorrenza di TikTok, ma c’è dell’altro: dal 2018 al 2021 Google ha progressivamente perso traffico, ci sono alternative usate soprattutto dai giovani e, se è vero che una è TikTok, l’altra è YouTube. Se i ricavi pubblicitari provenienti dal motore di ricerca e da YouTube si contraggono, c’è qualcosa che ha bisogno di essere regolato meglio. Non è un caso che le attività accessorie di Alphabet siano oggetto di revisioni: chiusa la divisione laptop di Google Hardware, eliminati la metà dei progetti del gruppo di ricerca Area 120 e Google Stadia è in procinto di essere spento. Troppe attività di business lontane dalla pubblicità, portano dispersione e disattenzione. Meta insegna: non basta avere la forza economica per dedicarsi ad altro, occorre anche saperlo fare e tenere la rotta.

I dati di Amazon sono particolarmente interessanti: il merchant online non è l’attività principale del colosso di Seattle, che deve gran parte del proprio fatturato ad Aws (Amazon Web Services) un insieme di servizi via Cloud che coprono qualsiasi esigenza aziendale, dai database relazionali all’analisi dei dati. Per assurdo, i ricavi in rialzo a 127,1 miliardi di dollari (+15%) hanno tradito il consensus che ha rivisto al ribasso anche le attese per i prossimi tre mesi. I servizi cloud stanno rallentando ma, a fare faville, sono le entrate pubblicitarie, cresciute del 25%. Va detto che le entrate pubblicitarie sono state di 9,55 miliardi e quindi siamo a distanza dai 54,48 miliardi di Alphabet ma il trend è tracciato: laddove Alphabet cresce poco e a fatica, Amazon cresce a doppia cifra. Un’altra differenza è che per Alphabet la pubblicità è un business centrale mentre per Amazon è accessorio.

I casi a sé stante, Amazon e Microsoft

Amazon ha fatto registrare ricavi in aumento a 90,15 miliardi di dollari (+8,1%). Un risultato al di sopra delle attese ma, a stonare, sono le vendite degli iPhone che, pure essendo in salita del 9,7% (a 42,63 miliardi di dollari) fanno storcere il naso agli analisti che si aspettavano risultati migliori. I servizi di Cupertino, fonte di reddito che include l’App Store, Apple Tv+, Apple Music, Apple Fitness+ e molti altri ancora, sono cresciuti del 5%, meno della metà rispetto al +12% fatto registrare nel secondo trimestre del 2022. Il Ceo Tim Cook – al pari di tutti gli altri amministratori delegati delle Big del tech – ha fatto notare che, senza le svalutazioni sui mercati dei cambi, la crescita sarebbe stata ben superiore.

Si tratta di una mezza verità: TikTok e Amazon crescono al di là delle turbolenze dei mercati valutari, così come sta facendo Microsoft. Ed è proprio Microsoft a fornire un’altra prova di come i venti stanno cambiando: pure avendo aumentato i ricavi del 20% (20,33 miliardi) rispetto al trimestre precedente, il mercato delle licenze Windows ha continuato a perdere, lasciando sul terreno il 15% nel corso di 12 mesi. La causa è da ricercare nel rallentamento del mercato dei personal computer, dicono agendo per analogia gli analisti, considerando che globalmente le vendite di pc sono scese del 15,5% nel corso di un anno.

Questo però non spiega perché Apple, nel giro di un anno, ha incrementato la vendita di Mac del 7%. L’unica spiegazione è l’innovazione: Cupertino innova (ne sono una prova i processori M1 e M2 che nulla hanno da invidiare ai chip più performanti di Intel e AMD) mentre il mercato dei personal computer si sta sedendo su sé stesso.

Tutto ciò suggerisce che Microsoft si sta concentrando molto di più sui servizi Cloud che sulle sue origini, ossia i sistemi operativi. Se su Azure (la piattaforma di Cloud computing di Microsoft) si può acquistare di tutto – server e computer virtuali inclusi – a che pro rimanere ancorati al mercato delle licenze? Il cambiamento, anche in questo caso, è in atto.

In sintesi

Più metaverso, più risorse Cloud, più servizi e una nuova forma di pubblicità, completamente diversa e

somministrata in modo differente da come siamo abituati a sorbirla oggi. I numeri delle trimestrali suggeriscono che le Big del tech stanno cambiando pelle, non tutte hanno compreso bene come muoversi ma è questione di tempo.

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