«Provo rimorso per come sono andate le cose. Da giovane non ero una persona piacevole da frequentare, quando lavoravo agli spettacoli ero un piccolo tiranno». David Byrne, ex leader dei Talking Heads si dice pentito per come ha gestito la rottura del 1991 con la band che lo rese una star internazionale del rock. «Solo in seguito ho imparato a rilassarmi, e a collaborare con le persone. Si ottiene molto di più in una buona relazione con la gente piuttosto che nel comandare, nel dire a tutti cosa fare». A settantun anni certe intolleranze giovanili non solo sono passate ma sono anche riconosciute e ben digerite e Byrne ha fatto mea culpa nel corso di un'intervista al magazine americano People: «Non l'ho gestita bene, fu piuttosto brutto, non feci del mio meglio ma penso che quel che è successo fosse piuttosto inevitabile. Doveva andare come è andata».
Ora avrà modo di scusarsi di persona, in pubblico, con gli altri componenti della band: Chris Frantz, Tina Weymouth e Jerry Harrison. A Toronto, durante il festival del cinema che si terrà dal 7 al 17 settembre, i quattro parteciperanno ad un incontro/intervista condotto dal regista Spike Lee. Al festival infatti, l'11 settembre verrà ripresentato, restaurato e rimasterizzato, il film documentario di Stop Making Sense, di Jonathan Demme, che festeggia i quarant'anni dalla sua uscita e che sarà al cinema negli Stati Uniti il 22 settembre.
Un analogo incontro poi si terrà il 19 settembre a Los Angeles nel corso di una serata organizzata dall'associazione American Cinematique. Proprio nella città californiana Jonathan Demme, scomparso nel 2017, girò il documentario nel corso di tre serate che i Talking Heads tennero al Pantages Theater di Hollywood, nel dicembre del 1983. Solo otto anni più tardi la rock band, che si era costituita nel 1975, si sarebbe sciolta. Il batterista Chris Frantz fece sapere che, più che uno scioglimento concordato, si trattò del semplice allontanamento di Byrne dal resto del gruppo.
«Non abbiamo mai davvero rotto - disse Frantz in un'intervista al Los Angeles Times l'anno dopo lo scioglimento della band - Non ci è piaciuto come David ha gestito la situazione. Comunicare con gli altri non è mai stato il forte di David, almeno non a livello personale. David Byrne è un ottimo artista, mi dispiace solo che non abbia mai capito che cosa aveva e che cosa ha perso». I tre componenti rimasti, Frantz e Weymouth (che sono sposati) e Harrison avrebbero continuato ad esibirsi con il nome di Shrunken Heads, pubblicando anche l'album No Talking, Just Head nel 1996, sotto il nome di The Heads.
Con Byrne si sarebbero poi chiariti e rivisti in varie occasioni, l'ultima nel 2002, quando si tenne la cerimonia di assegnazione della stella alla band sulla Rock 'n' Roll Hall Of Fame di Cleveland. Ora succederà di nuovo a Toronto.
Spike Lee e David Byrne si conoscono dal 1989, quando Byrne fu invitato alla première del film del regista afro-americano Do the Right Thing. Quasi trent'anni dopo Byrne apparve nel documentario di Lee Michael Jackson's Journey from Motown to Off the Wall e più recentemente i due si sono ritrovati per la realizzazione del documentario uscito nel 2020 dello stesso Spike Lee sul tour di David Byrne da solista, American Utopia, del 2018. Del rapporto con il resto dei Talking Heads, oggi David Byrne dice: «Siamo in buoni rapporti, qualche volta ci sentiamo anche se non ci frequentiamo più».
Dopo la rottura con la band, David Byrne ha continuato a fare musica da solista. Ultimamente ha concentrato la sua attività professionale a teatro.
Nel 2019 ha portato il suo concerto American Utopia a Broadway. Ha inoltre collaborato con la stesura della colonna sonora del musical Here Lies Love, ora in cartellone a Broadway che, attraverso il genere disco-music, racconta la storia della first lady filippina Imelda Marcos.
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