Il "compagno Ulisse", le conversazioni criptate, il dominio: chi c'è dietro il sito del (nuovo)Pci

Il segretario generale del (nuovo)Pci usa "compagno Ulisse" come nome di battaglia, in puro stile Br, il nome del titolare del dominio è presumibilmente falso e le comunicaizoni avvengono dietro chiavi criptate

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Con la pubblicazione delle cosiddette "liste di proscrizione" del (nuovo)Pci si è aperto il dibattito sull'estremismo di sinistra. Un argomento troppo spesso taciuto, ignorato per convenienza, nonostante sia un fenomeno ormai diffuso e radicato. In tanti ora si chiedono chi ci sia dietro questa fantomatica sigla che vuol ripristinare le lotte di classe e far cadere l'Italia nel caos. Il linguaggio è quello degli anni del terrore, le minacce anche, così come l'impossibilità di conoscere i dettagli su chi sia a muovere i fili di questo fantomatico Partito Comunista italiano di nuova costituzione, che su un social di nicchia utilizza il tricolore con la stella titina. Nuova, poi, nemmeno tanto, visto che il sito risulta essere stato creato nel 2008.

Ma l'elemento che emerge con maggiore forza nel caso del (nuovo)Pci è la volontà di anonimato totale di questa organizzazione, il che è un elemento fortemente ambiguo per chi si propone come l'erede di un partito politico. Il segretario generale non ha un nome di battesimo, ma si fa chiamare "compagno Ulisse". Non esiste documentazione sulla sua identità, non esistono tracce tangibili che possano ricondurre a una persona fisica. Anche questo richiama in maniera nitida le abitudini dei brigatisti di un tempo, che usavano nomi di battaglia per identificarsi tra loro e rendersi meno riconoscibili. Certo, coi social mantenere l'anonimato è un lavoro ben più complesso ma dal (nuovo)Pci sembra non trascurino nulla in tal senso, tanto che nel sito c'è una sezione in cui vengono fornite indicazioni precise per "comunicare in modo sicuro".

Bandiera titina Pci

In che modo? Prima di tutto l'indirizzo mail, che non poggia su un normale server ma su un sistema creato da un gruppo che "mette a disposizione strumenti di comunicazione online a gruppi impegnati nel cambiamento sociale libertario" e non permette il tracciamento della corrispondenza. E poi, come spiega una pagina dedicata del loro sito, viene spiegato come criptare i documenti, nascondere il nome dai file Word, creare una chiave USB criptata e utilizzare il Tor per avere conversazioni criptate con una chiave Pgp. In più, in calce alla "lista di proscrizione", si legge: "Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere individuati e messi sotto controllo dalle Forze dell’Ordine borghesi, una via consiste nell’usare Tor, aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito".

Chi sta dietro il (nuovo)Pci non sembra essere uno sprovveduto. Non ha alcuna intenzione di rivelare la sua identità e anche per questo motivo risulta improbabile che i dati (pubblici) di registrazione del dominio che circolano in queste ore siano veritieri. D'altronde, non sarebbe la prima volta che, in nome di una supposta privacy, un soggetto che registra un dominio decida di utilizzare generalità non reali. È un mondo piuttosto complicato quello dietro la pratica della registrazione dei domini, dove esiste una rete che permette di utilizzare nomi messi a disposizione da terzi. Nulla di illegale, si intende, perché l'oscuramento delle generalità è prevista da una legge europea che tutela la privacy.

Nel caso del dominio del (nuovo)Pci, il fatto che l'utenza a cui è assegnato il dominio sia antecedente alla registrazione dello stesso e risulti essere creata alle 00:00:00 è quanto meno sospetto. Non fornisce certezze a sostegno della tesi che si tratti di un nome fittizio ma non avvalora nemmeno l'ipotesi contraria, anzi. Ciò che ci si chiede spontaneamente davanti a questa maniacale cura dell'anonimato è: perché nascondersi con questa attenzione? Cosa c'è dietro che si vuole celare e rendere di difficile conoscenza pubblica?

Ai lettori
A corredo del presente articolo, era stata pubblicata in assoluta buona fede, una fotografia che

riproduceva la bandiera del Partito Comunista Italiano, compagine politica che nulla ha a che vedere con la lista di proscrizione cui si fa riferimento nell'articolo stesso. Ce ne scusiamo con i lettori e con gli interessati.

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