Dopo Matteo Salvini ieri sera, anche la mozione di sfiducia individuale contro Daniela Santanchè si è conclusa con un nulla di fatto. La Camera dei Deputati ha detto no anche alla richiesta ufficiale di dimissioni della ministra del Turismo partita dal Movimento 5 Stelle e sostenuta nell'Aula di Montecitorio anche da Partito democratico, Alleanza Verdi-Sinistra e Azione. I numeri della votazione odierna mostrano una spaccatura ancora più accentuata all'interno dell'opposizione, visto che (a differenza di ventiquattro ore fa) Italia Viva si è tirata indietro dalla mozione a prima firma grillina non condividendone l'impianto giustizialista: la maggioranza di centrodestra conferma l'appoggio all'esponente del governo Meloni con 213 No (inclusi i renziani), la "coalizione del salario minimo" non va oltre i 121 Sì, mentre sono 3 gli astenuti.
La ministra Santanchè, non presente nell'emiciclo, supera per la seconda volta lo scoglio della sfiducia parlamentare dopo averlo dovuto affrontare già nove mesi fa. Era infatti il mese di luglio del 2023 quando, a seguito delle prime notizie sull'inchiesta giudiziaria che la coinvolgevano sul caso Visibilia, la sinistra promosse una prima mozione nell'Aula del Senato della Repubblica, bocciata da Palazzo Madama con ben 111 No e appena 67 Sì. Questa volta i pentastellati sono ritornati alla carica (seguiti in buon ordine dal resto della compagine giallorossa) subito dopo la chiusura dell'indagine della Procura di Milano con l'accusa di truffa aggravata per la senatrice, il compagno Dimitri Kunz D'Asburgo e il collaboratore esterno Paolo Giuseppe Concordia. L'accusa dei magistrati - sempre respinta dalla diretta interessata - è quella di avere incassato in maniera illecita i fondi dall'Inps per la cassa integrazione a zero ore durante il periodo Covid.
Se mercoledì sera le accuse dialettiche reciproche tutte interne al centrosinistra (soprattutto tra Italia Viva e i 5 Stelle) si basavano sulle antiche vicinanze dei rispettivi partiti alla Russia di Vladimir Putin, questa mattina è stato piuttosto significativo l'intervento di Roberto Giachetti. Il deputato di Italia Viva ha stigmatizzato la scrittura della mozione, che non riguarda le attività ministeriali della Santanchè: "Addirittura gli estensori della mozione, il Movimento 5 Stelle, chiamano in causa, nella prima frase di questa mozione, neanche più le questioni giudiziarie, ma le inchieste giornalistiche". L'ex esponente radicale ha puntato il dito contro il mancato garantismo grillino per il quale si attacca una politica indagata mentre allo stesso tempo si difende un'esponente condannata in secondo grado come Chiara Appendino.
Poco prima dello svolgimento dell'appello nominale palese dei deputati sotto i banchi della presidenza, aveva preso la parola Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia, in difesa della Santanchè: "Questa mozione è scritta interamente sotto il profilo giuridico o meglio, sotto il profilo di una mancata conoscenza giuridica, nonostante sia sottoscritta da uno che si è autodefinito l'avvocato del popolo", in quanto l'articolo 415 bis del codice di procedura penale, ricorda, "non rappresenta un elemento che vada valutato quasi come una condanna, l'indagato che non è accusato ha la possibilità di far valere le proprie ragioni".
Poi, una stoccata al Pd riguardo alla fresca notizia dell'indagine a carico dell'assessore ai Trasporti della Regione Puglia, Anita Maurodinoia, per corruzione elettorale: "Non chiedo che vi sia una informativa di qualche ministro su quanto sta accadendo là, nè chiedo le dimissioni di Michele Emiliano ma se mi richiamassi all'articolo 54 comma 2 della Costituzione, come qui è stato, fatto dovrei farlo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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