Il primo lo abbiamo rivisto proprio recentemente in televisione dopo oltre un anno di assenza; l'altro è invece pressoché sparito dal dibattito pubblico attivo. Stiamo parlando di Luigi Di Maio e Giuseppe Civati, autori di uno tra i più grandi diverbi televisivi a cui si è assistito negli ultimi dieci anni tra due esponenti politici. Siamo al 21 maggio 2014, vigilia imminente delle elezioni europee che verranno stravinte dal Partito Democratico di Matteo Renzi, a L'aria che tira. La sera prima, sempre su La7, Alessandro Di Battista si era scagliato pesantemente contro Civati, affermando: "La mafia è cambiata, non è più quella della lupara, ma è quella del compromesso. La mafia è Civati che è costretto a restare in un partito che non gli piace, perché ha pagato 35mila euro al Pd in campagna elettorale e quindi è costretto a fare un compromesso". Il deputato dem, la mattina successiva, non si fa scappare l'occasione di rinfacciare questa accusa all'altro grillino.
"Di Battista ha detto che rappresento la mafia e che ho comprato un seggio in Parlamento, è una cosa gravissima. La mafia è una cosa seria. Mi sento estraneo a questo linguaggio - sottolinea Civati -. Se lo querelo, gli porto via la casa. Non lo faccio perché sono gentile". Di Maio, dal canto suo, prova a difendere il collega pentastellato, ma il suo interlocutore risponde prontamente: "Siete patetici, state difendendo cose indifendibili. Di Battista si è pure scusato, mi ha mandato un sms". L'allora leader in pectore del Movimento Cinque Stelle, a questo punto, va al contrattacco: "Lo hai detto tu che hai pagato soldi per stare in lista. C'è una tua dichiarazione". L'ex candidato a segretario del Pd cerca di spiegare la situazione: "Voi avete detto che voglio rimanere a tutti i costi nel mio seggio al Parlamento, ma non ha alcun senso perché se io andassi via, evidentemente non dovrei dare il contributo al partito".
Subito dopo la discussione si sposta sull'elezione del Napolitano Bis al Quirinale avvenuto un anno prima. Di Maio vuole indicare come uno dei responsabili della caduta della candidatura di Rodotà proprio Pippo Civati: "Eravamo in una piazza a Roma a parlare di un'apertura per votare Rodotà a presidente della Repubblica e invece poi hai votato per Napolitano". "Non è vero, io non l'ho mai votato Napolitano - precisa il dem - Ho fatto polemica contro i 101 contro Prodi per un anno, ma cosa dici?". Poi, il colpo finale dell'attuale rappresentante speciale dell'Unione europea nel Golfo Persico: "Hai fatto polemica, ma stai in un partito che ha votato leggi vergogna come i condoni alle società di slot machine".
La discussione si fa sempre più animata, ma nel marasma generale interviene anche il giornalista per Giancarlo Loquenzi per dichiarare che quello che era stato appena pronunciato da Di Maio fosse in realtà una balla. In ogni caso, nove anni dopo lo scontro tra quelli che dovevano essere gli enfant prodige della politica italiana, entrambi non sono più stati riconfermati in Parlamento dagli elettori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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