Ruffini lascia l'Agenzia delle Entrate. Sarà il "frontman" del Pd?

Il direttore dell'Agenzia delle Entrate abbandona l'incarico. "Non scendo in politica", assicura. Poi la stoccata contro la Meloni: "È cambiato il clima, la lotta all'evasione sembra una colpa"

Ruffini lascia l'Agenzia delle Entrate. Sarà il "frontman" del Pd?
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Una smentita che, almeno sulla carta, fa male a sinistra e una bordata alla destra, contro il governo Meloni. Le dimissioni annunciate da una parte e le critiche serrate dall’altra. Il doppio registro di Ernesto Maria Ruffini è concentrato in un’intervista al Corriere della Sera. Un lungo colloquio nel quale Ruffini annuncia al grande pubblico di aver rassegnato le dimissioni dalla direzione della Agenzie delle Entrate. Un ruolo che, tra l’altro, ricopriva ancora prima della vittoria del centrodestra e della maggioranza targata Meloni.

Una notizia che, più o meno maliziosamente, sarebbe sbagliato non accostare alle numerose indiscrezioni di stampa che lo vedevano leader di una compagine di sinistra o, nel dettaglio, guida dei partiti centristi vicini al Partito democratico. Una narrazione che lo stesso Ruffini vuole allontanare: “Ci sono domande a cui si risponde con un sì o con un no. E la mia risposta è no. Avevo già smentito dopo i primi articoli di stampa. Lo ripeto". "Non condivido - prosegue - il chiacchiericcio che scambia la politica per un gioco di società, le idee per etichette e il senso civico per una scalata di potere. Non scendo e non salgo da nessuna parte".

Di certo, quindi, ci sono solo le dimissioni dalla direzione dell’Agenzie delle Entrate: “Mercoledì ho visto il ministro Giorgetti per avvertirlo dell'intenzione di rimettere il mandato e consentire così il regolare passaggio di consegne con chi sarà chiamato a succedermi", spiega Ruffini annunciando ufficialmente le sue dimissioni. Il motivo è presto detto: “È l'unico modo per rimanere me stesso. Sono un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l'uguaglianza. Ho letto però che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l'incarico. La mia unica bussola in questi anni è stata il rispetto per le leggi e per il mandato che mi è stato affidato, perché il senso più profondo dello Stato è questo: essere al di sopra delle parti, servire il bene comune".

Quello che non manca, però, sono le bordate più o meno velate contro il governo presieduto da Giorgia Meloni. Ruffini parla di un “contesto cambiato” nei suoi confronti e non ha paura ad attaccare frontalmente l’esecutivo. "Non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato.

Oppure di sentir dire che l'Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore", spiega Ruffini tirando in ballo le dichiarazioni dello stesso presidente del Consiglio. "Attenzione però, se il Fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato, tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l'Agenzia".

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