In un momento in cui l'ondata di antisemitismo e il sentimento anti-israeliano si sono trasformati, specie per la sinistra, in una deriva culturale in grado di condizionare giudizi, scelte e alimentare odi, il libro edito da Guerini editore Noi che la morte l'abbiamo già uccisa, scritto da Bruno Dardani, per lunghi anni inviato de Il Sole24Ore, si connota come una scomoda molecola impazzita, miscelando esperienze professionali di vita vissuta, con dati storici e statistici tanto non contestabili quanto metodicamente tenuti nascosti dal politically correct. Il libro disegna un Israele che non è certo un Paese perfetto, ma l'unica democrazia possibile e reale del Medio Oriente islamico.
Un libro crudo che racconta verità nascoste, ma anche l'unicità di un Paese e di un popolo che, costretti a confrontarsi perennemente con una morte incombente, hanno fatto della vita il loro mantra, la chiave di lettura per affrontare lutti, sofferenze e costruire un futuro, probabilmente possibile solo in quell'infinitesimo angolo del Medio Oriente.
Il libro è un j'accuse contro i propagandisti del genocidio e gli odiatori professionali; costringe a leggere anche quello che è scomodo, puntando a risvegliare qualche coscienza dal buio di una propaganda che, paradossalmente dopo il 7 ottobre, sembra aver unificato la parte più deteriore della cosiddetta intellighenzia, con tutti quelli in prima linea per la democrazia, ma solo quella che sta bene a loro.
Il titolo è una frase pronunciata con tutta naturalezza da un sopravvissuto a un campo di sterminio, «Noi che la morte l'abbiamo già uccisa» e non vuole tanto celebrare la sopravvivenza alla Shoah quanto sottolineare una voglia di vivere e sopravvivere che rendono il tipico brindisi israeliano «Le Haim» che significa «Alla vita» tutt'altro che un'abitudine.
«Le Haim» è un proclama da urlare in faccia a chi, sotto sotto (e neppure tanto in sordina), in comode case in Belgio, Olanda, e
persino in Italia, quell'obiettivo di Hamas, di cacciare gli ebrei «dal fiume al mare» e distruggere Israele condivide in pieno; pronto poi a celebrare nella giornata della Memoria, il ricordo dell'ebreo, a patto che sia morto.
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