di Dan V. Segre
Nel 1954, nel pieno della crisi di Suez, l’Egitto - appena passato sotto la guida della giunta militare di Nasser - l’addetto militare egiziano a Parigi chiese all'Ambasciata di Israele a nome del Generale Naguib, capo ufficiale della giunta, di «garantire» le spalle al Cairo, impegnato in un mortale scontro con l'Inghilterra per il controllo delle basi britanniche sul Canale. Ben Gurion diede il suo consenso promettendo di non usare la crisi per colpire l'Egitto con cui era ancora formalmente in guerra e proponendo ufficiosamente una collaborazione - attraverso la Histadrut, i sindacati israeliani - fra i due paesi per un congiunto sviluppo economico.
Non se ne fece nulla. Da allora sono passati 57 anni, ci sono state tre guerre e una pace con l'Egitto che, per quanto fredda, dura da 30 anni. Essa è basata, fra l'altro sull'impegno egiziano a mantenere solo polizia nel Sinai. Ieri il Cairo ha chiesto a Gerusalemme che ha acconsentito - l'autorizzazione al ritorno di truppe egiziane nel Sinai. Questa volta non per difendersi da Israele ma per coprirsi le spalle dalla trasformazione di quel territorio in base operativa anti egiziana di al Qaida e delle cellule terroriste islamiche infiltrate attraverso Gaza e Hamas da parte dell'Iran. Che è oggi il peggior avversario dell'Egitto nel Medio Oriente.
C’è qualcosa di straordinario in questo rovesciamento di posizioni politiche e storiche. Nessuno è in grado di affermare se sarà duraturo. Comunque sottolinea cinque elementi di cui tutti gli attori di questa tragica situazione egiziana stanno tenendo conto sia per usarla a proprio vantaggio o a svantaggio degli avversari.
1. Il comune interesse israeliano e egiziano al ritorno della stabilità politica nella valle del Nilo. Quattro sono le principali ragioni: il mantenimento dello stato di pace che comporta i miliardi di dollari di aiuti economici e militari americani; il pericolo del passaggio del Sinai sotto l'influenza iraniana e/o di al Qaida. Nel Sinai almeno una tribù beduina è passata sotto l'influenza di elementi islamici radicali portando alla creazione di depositi di armi e esplosivi scoperti; la protezione strategica della sponda orientale sinaica del canale di Suez, arteria vitale per l'economia egiziana e internazionale nei confronti di un governo egiziano anti occidentale (il balzo del prezzo del petrolio lo dimostra); il comune interesse israeliano e del nuovo governo del Cairo di mantenere alto il prestigio e la capacità operativa dell' esercito nei confronti di una situazione su cui la polizia (odiata dalla popolazione) ha perduto il controllo.
2. Sostegno senza pertanto comprometterlo con dichiarazioni di simpatia al nuovo vice presidente egiziano, generale Soleiman. Capo dei servizi segreti, convinto sostenitore dell'intesa fra Israele e i Palestinesi e uno degli ultimi - per età - uomini vicini anche se non membri della giunta rivoluzionaria nasserista la sua posizione è per il momento precaria. In Israele si teme che non riesca a prendere il controllo della situazione a causa della palla di piombo che Mubarak continua a mettergli al piede con la sua presenza all' apice formale del potere, dopo avergli per anni rifiutato la vice presidenza onde favorire il figlio ora ignominiosamente scappato all'estero assieme a non pochi oligarchi del partito.
3. L'incertezza del comportamento degli americani che dopo aver contribuito a scatenare la rivolta popolare in Egitto appaiono ora sorpresi dalla sua violenza. Ancora legato alla sua strategia della mano tesa all'islam Washington ondeggia fra il chiaro sostegno ai militari e il desiderio di cavalcare una rabbia popolare nell' illusione che essa possa rimanere - come nel momento attuale non anti americana.
4. Lo sfruttamento mediatico di una crisi che dimostra come il conflitto palestinese sia sempre stato ai margini e non al centro dei problemi del mondo araba .
Per Israele e e per l'occidente è la prova che i leader corrotti, falsamente democratici e sperperatori delle ricchezze nazionali stanno dimostrando che se è possibile alle volte ingannare qualcuno su qualche cosa, non di può ingannare sempre tutti su tutto. Cioè fare di Israele il capro espiatorio delle malattie endemiche degli stati arabi e della società islamica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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