Tra le mode di una ristorazione che oggi vede Milano epicentro delle nuove tendenze, non mancano i maestri «duri e puri» che da decenni restano sulla cresta dell'onda in nome di un'identità netta e originale. Tra questi spicca Pietro Leemann, fondatore nel 1989 di Joia, alta cucina naturale, primo ristorante vegetariano europeo ad aver ricevuto una stella Michelin nel 1996 ed unico ristorante stellato vegetariano della ristorazione italiana. Il motto di Leemann, presente alla Milano Food City, è Noi siamo ciò che mangiamo, convinzione che lo ha portato alla scelta di essere vegetariano. Affascinato dalle culture orientali, è approdato in Estremo Oriente nel 1986 dove ha vissuto per due anni, tra Cina e Giappone. Nominato chef ambassador a Expo racconta la sua esperienza e il suo messaggio per una cucina attenta al benessere dell'uomo. «La mia proposta al Joia - dice - è il riassunto della mia ricerca dove gli ingredienti della cucina mediterranea si incontrano con le culture del mondo, una scelta naturale e senza carne, una filosofia alimentare dove la natura viene accolta e rispettata in preparazioni che lasciano sempre trasparire la sua essenza, nel colore, nel gusto, nella consistenza, nell'arte della disposizione nel piatto». Leemann, che proprio quest'anno ha rinnovato il design dello storico ristorante di via Panfilo Castaldi, si è avventurato nella sua personalissima via all'alta cucina in tempi non sospetti, quando ancora nessuno sbandierava i concetti di ecosostenibilità alimentare. «La mia esperienza ha in realtà incontrato terreno fertile - dice al Giornale - e per due ragioni: la prima è che da molto tempo la percentuale di vegetariani in Italia è tra le più alte d'Europa, la seconda è che, provenendo io dalla scuola di Gualtiero Marchesi, non ho avuto grandi difficoltà ad attirare l'attenzione delle grandi guide gastronomiche». La vera difficoltà, che merita certamente un plauso, è stata quella di mantenersi ai vertici della ristorazione con un format che dura da trent'anni. «Il pubblico apprezza la filosofia che sottende la mia cucina che, al di là della creatività, parla dell'unione tra le culture del mondo, che è il modo più efficace per dialogare attraverso il cibo. La mia esperienza in Oriente è stata ovviamente determinante, ma io ricordo sempre che, quando si ricerca la strada giusta, si usa il termine orientarsi». Leemann racconta di una vita da chef nel rispetto della natura, una scelta condizionata da esperienze come lo yoga e la meditazione.
«Certe discipline insegnano a capire chi siamo veramente e a me ha fatto capire di essere vegetariano, nella consapevolezza che la qualità della vita cambia in funzione delle relazioni che abbiamo con gli altri esseri del pianeta. E il rifiuto della violenza implica necessariamente la rinuncia alla carne, una tendenza sempre più accettata dall'alimentazione moderna».
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