Milano una zingaropoli? Non si può dire

Milano una zingaropoli? Non si può dire

Vietato dire Zingaropoli. Non importa se si tratta di un neologismo sul calco di «Tangentopoli», che unisce zingaro, termine che per il dizionario (Sabatini Coletti) indica «Appartenente a un gruppo etnico originario dell’India, stanziatosi successivamente anche in Europa, che conduce vita per lo più nomade» con polis-città. Per il giudice del Tribunale civile di Milano, Orietta Miccichè, l’espressione «ha una valenza chiaramente offensiva e umiliante che ha l’effetto non solo di violare la dignità di gruppi etnici sinti e rom, ma altresì di favorire un clima intimidatorio e ostile nei loro confronti». In sostanza il neologismo «Zingaropoli» usato come slogan durante la campagna elettorale da Lega Nord e Pdl «ha valenza chiaramente dispregiativa, in quanto i gruppi etnici zingari vengono utilizzati come emblema di negatività e pericolo da rifuggire». Si chiude dunque con questa sentenza, per la precisione un’ordinanza, la causa civile intentata dal Naga, l’associazione volontaria di assistenza socio sanitaria e per i diritti di stranieri rom e sinti, contro Pdl e Lega per i manifesti e alcune dichiarazioni rilasciate dal presidente Silvio Berlusconi nel suo «Appello per Milano» e dall’allora segretario federale Umberto Bossi durante le comunali del 2011. «Mi impegnerò contro Pisapia che rischia di trasformare Milano in una Zingaropoli» tuonava il Senatùr. «Milano non può diventare una Zingaropoli piena di campi rom e assediata dagli stranieri»: avvertiva Berlusconi. Difficile dare loro torto: è stata la Questura ad aprile a lanciare l’allarme. Dopo un anno di «cura Pisapia» gli zingari, scesi a 1.500 nel 2010, sono pressoché raddoppiati. Risultano in aumento, dati alla mano, come confermato anche dalle associazioni di volontariato, mendicanti, lavavetri e campi abusivi. Sei mesi prima l’assessore alla Sicurezza del Comune Marco Granelli ammetteva: «L’accattonaggio è sicuramente in aumento».
Bene, Pdl e Lega, accusati di molestia, sono stati condannati a pubblicare il dispositivo dell’ordinanza «a proprie spese con caratteri doppi del normale sul quotidiano Corriere della Sera entro 30 giorni dalla notifica». Il Naga, tramite il suo presidente e legale Pietro Massarotto, esulta: «È la prima volta in Italia che partiti politici vengono condannati per discriminazione». Giustizia è fatta: «Il vulnus sociale è sanato, la dignità di rom e sinti restituita» sentenzia Massarotto. Peccato che la parte lesa non lo sappia e forse non lo saprà mai. «I sinti sono italiani e quindi leggono i giornali come tutti - risponde Massarotto - e per quanto riguarda gli altri, dipende, non so quanti leggano l’italiano e i giornali». Ma tant’è. «Ma dove vive certa gente? - si chiede il neo segretario regionale della Lega Matteo Salvini -. Gli unici discriminati sono i milanesi che vivono nelle vicinanze dei campi. Che la giunta Pisapia non faccia nulla per risolvere il problema è sotto gli occhi di tutti: i dati della Questura confermano che nell’ultimo anno la presenza di rom è più che raddoppiata».

Sentenza «paradossale», per il vicepresidente del consiglio Riccardo de Corato: «È incredibile che coloro che difendono e assistono ogni giorno dei fuori legge come sono i clandestini diano lezioni di civiltà giuridica al Popolo della Libertà».

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