La città che sovrasta la città dove c'è un migrante ogni cittadino

A Samos centinaia di sbarchi al giorno. L'hotspot è al collasso e i cittadini si ribellano: "L'Europa ci ha lasciati soli"

La città che sovrasta la città dove c'è un migrante ogni cittadino

Samos, Grecia - È un’enorme accampamento ad accogliere chi arriva a Samos dal mare. Centinaia di tende colorate si stagliano sulla collina alle spalle di Vathy, la cittadina più grande dell’isola. Le hanno montate i migranti che ogni notte sbarcano sulle coste greche in arrivo dalla vicina Turchia. Nel campo profughi non c’è spazio per loro. L’hotspot, finanziato dall’Unione europea, può infatti ospitare solo 648 persone: oggi però a Samos si contano oltre 5mila migranti. E così, giorno dopo giorno, la tendopoli che sovrasta la cittadina si fa sempre più grande.

"Si è creata una città sopra la città", tuonano gli abitanti, sempre più allo stremo. I numeri evidenziano una situazione esplosiva: a Vathy, dove vivono circa 7mila perone, si conta quasi un migrante per ogni cittadino. "Il numero dei residenti è pari a quello degli stranieri nella ‘giungla’ - spiega Rebecca Holst Fredslund, operatrice di Samos Volunteers -. Questo spaventa gli abitanti, anche per via della vicinanza del campo alla città". A dividere i due volti dell’isola, c’è solo una breve salita. Ai suoi piedi sosta ogni giorno un bus pieno di poliziotti in tenuta antisommossa. Per fronteggiare la crisi, Atene ha inviato rinforzi e ora il 40% delle forze dell’ordine di Samos è impiegato per controllare gli immigrati ed evitare disordini. "Nell’ultimo periodo sono aumentate le rapine nei negozi e nelle abitazioni - rivela un poliziotto -. E ora in quasi ogni casa c’è un cane da guardia". I continui arrivi sulle spiagge greche creano ostilità: "Sono dei razzisti - tuona un giovane afghano sbarcato da pochi giorni -. Ci trattano male e non vogliono vederci girare per le vie della città".

La tensione nel centro abitato è palpabile, soprattutto quando i migranti si riversano nelle viette e sul lungomare. "Non fanno niente tutto il giorno, bevono e stanno seduti sulle panchine del porto", sospira Themos, giovane proprietario di un piccolo negozio di souvenir che non attira più tanti turisti come un tempo. "Molti stranieri che vivono nell’hotspot non hanno alcun motivo per stare qui: sono giovani ragazzi che non scappano dalla guerra. E siamo noi residenti a pagarne le spese". Il sovraffollamento influenza anche l’economia di Samos. "Ci sono di sicuro altre mete meno costose, ma qui in città il turismo è calato anche a causa dei migranti", spiega con amarezza il commerciante. Su internet sono numerosi i forum in cui i vacanzieri si scambiano informazioni sulla piccola isola: sono tutti preoccupati per la massiccia presenza degli immigrati e tra i negozianti c’è chi dà loro ragione. "Le persone quando vengono in vacanza vogliono rilassarsi - afferma la proprietaria di un negozio di vestiti -, non vedere i migranti che affollano le strade". A scappare però non sono solo i turisti: anche molti abitanti hanno lasciato Vathy come dimostrano le numerose case abbandonate e i negozi con le serrande abbassate.

È lontano il 2015 quando furono proprio i cittadini i primi ad aiutare i profughi in fuga dalla Siria. Ora i residenti si dicono stanchi della situazione. "Nell’ultimo periodo è cresciuta la frustrazione tra gli abitanti - continua Rebecca -. Anni fa scendevano al porto per soccorrere gli immigrati, adesso invece sono esausti". Quest’estate, da giugno a settembre, sono arrivati in Grecia 27.595 migranti rispetto ai 17.791 del 2018. Ben 10mila persone in più. Il Paese è al collasso. Negli hotspot di Lesbo, Samos, Leros, Kos e Chios sono stipati più di 30mila migranti a fronte di una capacità massima di 6.300 persone. Vivono in condizioni precarie, accampati in tende e baracche, senza acqua né luce, tra serpenti e ratti.

Le difficoltà della "giungla" si riversano sulla città. "Dentro e fuori dal campo sono aumentate la prostituzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti", sussurra il poliziotto. La situazione, sempre più ingestibile, alimenta la frustrazione nella maggior parte dei residenti. "Sono clandestini, non migranti. In tutta la Grecia ci sono famiglie greche in condizioni peggiori, eppure non hanno gli stessi vantaggi di questi stranieri". Il riferimento è al pocker money che ricevono i migranti: 90 euro al mese a persona che aumentano per le famiglie con bambini piccoli. "A loro non interessa trovare un lavoro, basta avere da magiare e i soldi a fine mese".

La tensione tra le due città continua così a salire mentre sotto la baraccopoli, negozianti

e cittadini puntano il dito contro l’Unione europea: "Ci ha lasciato da soli, così come tutte le organizzazioni che ruotano attorno al campo. A Bruxelles devono trovare subito una soluzione".

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