Vuole parlare, Nicolas Maduro. Parlare con Washington del Venezuela e delle sanzioni che gli Stati Uniti sono tornati a decidere contro figure vicine al leader di Caracas, come già avevano fatto il mese scorso.
Il presidente è interessato ad avere un colloquio diretto con Donald Trump e per dirlo ha sfruttato il suo primo discorso di fronte all'Assemblea costitutente, l'organo incaricato di riscrivere la Carta fondamentale del Venezuela e che buona parte della comunità internazionale giudica "illegittimo", se non uno strumento che precipiterà il Paese sudamericano verso un regime dittatoriale.
Il volto da tenere sott'occhio, in questo tentativo di ingraziarsi gli americani, è quello del ministro degli Esteri Jorge Arreaza, a cui è stato chiesto di organizzare una telefonata tra i leader prima del 20 settembre, giorno in cui a New York si riunirà l'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
"Se [Trump] è interessato al Venezuela, io sono qui", ha messo in chiaro Maduro, che non rinuncia però alla retorica anti-imperialista e continua a sostenere che dietro le proteste e le violenze che da mesi tengono la tensione alta in Venezuela ci siano gli interessi americani, promettendo di "non cedere mai alle potenze straniere".
Proprio della situazione di Caracas, in forte crisi economica e ora segnata dallo scontro politico, Trump ha parlato giovedì con il vice-presidente Mike Pence e i consigliere alla Sicurezza, in vista di un viaggio che domenica lo porterà in Colombia. "Abbiamo molte decisioni da prendere", ha detto dopo la riunione, senza aggiungere altro.
Due giorni fa un gruppo di ribelli in uniforme ha attaccato una base militare vicino alla città di Valencia, dichiarando di voler lanciare una ribellione armata contro il presidente Maduro, che sostiene con la Costituente, che gli è fedele, sia "arrivata la pace" e sia "stato ristabilito l’ordine", annunciando anche che l'organismo rimarrà in attività almeno fino all'agosto del 2019.
Proclami che si scontrano con l'annuncio della Mesa de la Unidad Democratica (Mud), che riunisce l'opposizione e che per sabato ha annunciato nuove manifestazioni, che a Caracas si concentreranno nei municipi El Hatillo e di Chacao, roccaforti i cui sindaci (Smolansky e Muchacho) sono stati arrestati e condannati nei giorni scorsi, accusati di essersi rifiutati di fermare le proteste. Sono almeno 124 i morti e 2mila i feriti da che a fine luglio la Costituente si è insediata.
Intanto è anche l'Onu a chiedere un incontro al Venezuela. Il Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite ha "deciso di inviare un memorandum speciale al governo" dopo denunce di maltrattamenti, uso della forza e tortura.
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