Il campo largo esiste, ma solo per mandare a processo Calenda

La Giunta delle elezioni e immunità, ieri, con i voti decisivi di Pd, M5S e Iv, ha dato il primo sì del Senato al processo per diffamazione a Carlo Calenda per le sue affermazioni su Clemente Mastella

Il campo largo esiste, ma solo per mandare a processo Calenda
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Nello stesso giorno in cui Giuseppe Conte ha annunciato l'indisponibilità ad allearsi con Renzi anche in Emilia e in Umbria e la conseguente fine del "campo largo", i pentastellati si sono ritrovati a votare insieme ai democratici e ai renziani contro Carlo Calenda. Ieri, infatti, la Giunta delle elezioni e immunità del Senato ha dato il suo via libera a procedere contro l'insindacabilità delle affermazioni che il leader di Azione aveva rivolto nei confronti dell'ex ministro di Giustizia e attuale sindaco di Benevento, Clemente Mastella.

"Non ha alcun senso fare una lista che include movimenti che andranno in gruppi politici europei diversi. Non ha alcun senso portarsi dietro, sia pure per interposta persona, Cuffaro, Cesaro e Mastella. La cultura della mafia è l'opposto dei valori europei", scrisse Calenda su X rivolgendosi a Emma Bonino nel pieno della campagna elettorale per le Europee. Il rifiuto del leader di Azione ad aderire alla "lista di scopo" promossa dalla storica leader radicale, Stati Uniti d'Europa, è stato decisivo per la sconfitta dei centristi alle Europee che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4%. Ma questo ha lasciato degli strascichi importanti e stupisce come, ieri, il campo largo sia magicamente risorto solo per danneggiare Calenda. Mentre il centrodestra si è astenuto, le opposizioni hanno in pratica votato in favore di Clemente Mastella che oggi ringrazia e scrive:"Calenda in un tweet, che resta un archetipo del peggior bullismo mediatico, accostò il mio nome alla mafia: da ex Ministro della Giustizia avevo il dovere morale di querelare. Avendo la cultura cattolica del perdono, avevo detto di essere pronto a ritirare la querela in cambio di scuse sincere. Non sono mai arrivate. Invece ho letto solo giustificazioni e goffi tentativi di negare l'evidenza della grammatica: è segno di arroganza".

La scelta delle forze d'opposizione è difficile da comprendere, soprattutto quella del M5S. Conte non ha alcuna difficoltà ad allearsi con Calenda, sebbene l'ex ministro del Mise sulle grandi opere e sui temi della giustizia abbia idee molto simili a quelle del leader di Italia Viva. Ma non solo. Azione sostiene il centrodestra in Calabria, in Piemonte e in Basilicata, ma per Conte questo non è un problema tant'è vero che pentastellati e calendiani saranno alleati in tutte e tre le Regioni in cui si andrà al voto: Liguria, Umbria ed Emilia-Romagna. Una scelta, quest'ultima, che ha comportato la fuoriuscita da Azione di parecchi parlamentari che sono ritornati nel centrodestra: da Costa alla Gelmini, dalla Carfagna alla Versace e non solo.

Calenda, che ha sempre negato di voler entrare nel fu 'campo largo', ha comunque pagato un caro prezzo per la scelta di campo fatta a livello locale eppure ieri si è trovato contro non solo l'odiato Renzi, ma anche i pentastellati di Conte che, a sua volta, detesta Renzi. Ed è ben strano che nessuno nel centrosinistra si ponga il problema di Calenda che, oltre ad aver sparato a zero contro il fu campo largo, non ha appoggiato nessuna delle tre campagne referendarie: Jobs act, autonomia differenziata e cittadinanza.

A tal proposito il leader di Azione su X ha spiegato: "Noi non abbiamo firmato il referendum - spiega citando uno studio secondo cui l'affluenza non raggiungerà il 40% - perché c'è un alto rischio che una sconfitta di larga misura dei quesiti referendari renda immodificabili le leggi sulla cittadinanza e sull'autonomia che invece noi avversiamo e vogliamo cambiare".

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