Il flop degli 007 e blitz di Hamas: cosa rivelano gli errori di Israele

L'attacco a sorpresa di Hamas ha colto impreparato un Paese famoso per le sue capacità di intelligence e di controspionaggio. Cosa è andato storto questa volta?

Il flop degli 007 e blitz di Hamas: cosa rivelano gli errori di Israele
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Israele è sotto choc. Non è chiaro se abbiamo già assistito alla parte peggiore dell’attacco scatenato da Hamas contro lo Stato ebraico. Non siamo in grado di prevedere neanche quanto sarà dura e sin dove si spingerà la controffensiva delle forze militari di Tsahal. Quello che invece già sappiamo è che alla conta delle vittime dell’aggressione via cielo e terra del movimento islamista che controlla la Striscia di Gaza dobbiamo aggiungere la perdita del senso di sicurezza che gli israeliani ritenevano di aver acquisito negli ultimi decenni grazie ai loro sofisticati sistemi di difesa e di controspionaggio.

Ad amplificare la portata degli ultimi eventi vi è la coincidenza, sicuramente studiata, dell’attacco a sorpresa in un giorno di festa e a distanza di 50 anni dopo un’altra aggressione – in quel caso organizzata da Egitto e Siria - che aveva colto Israele impreparato in occasione della festa dello Yom Kippur. Il collasso dell’intelligence si ripete oggi come ieri e viene già definito un fallimento di portata storica dello Shin Bet e del Mossad.

Le operazioni di sorveglianza e spionaggio israeliane sono rinomate in tutto il mondo per la loro efficacia ed invasività. L'irrisolta questione palestinese e le minacce all’esistenza dello Stato ebraico da parte di organizzazioni terroristiche e di Paesi come l’Iran hanno portato Tel Aviv alla costituzione di un modello di “nazione porcospino”. Sistemi di difesa interni ed esterni hanno raggiunto un livello ed una complessità tale da scoraggiare qualsiasi entità voglia intraprendere un’azione di attacco.

La società palestinese e organizzazioni come Hamas sono ritenute tra i principali obiettivi dell’azione di vigilanza messa in campo dalle agenzie di intelligence israeliane anche attraverso una rete di informatori nei territori palestinesi e nelle carceri. Le capacità tecnologiche d’Israele sono così avanzate da avere permesso al Paese di diventare un paradiso per il settore non solo militare ma anche informatico. Pochi anni fa è stata svelata l’esistenza dell’Unità 8200, spesso paragonata all’Nsa americana. Si tratta di un gruppo dedicato al cyber warfare che ha avuto un ruolo fondamentale dopo la guerra dello Yom Kippur nel garantire ai cittadini dello Stato ebraico una sicurezza pressoché totale. Almeno sino ad oggi.

Cosa non ha funzionato dunque questa volta? Se ad Hamas viene attribuito un upgrade sorprendente nelle capacità di preparazione e coordinazione anche con fazioni rivali del piano di attacco in molti chiamano in causa il premier Benjamin Netanyahu. Le proteste per la contestata riforma della giustizia che vanno avanti da mesi hanno paralizzato il Paese bloccando aeroporti e mettendo in fuga gli investitori. Lo stesso premier, alle prese con vicende giudiziarie e accuse di corruzione, guida un governo che è stato definito dal presidente americano Joe Bidenil più estremista tra quelli che ho conosciuto” ed è apparso distratto su molteplici fronti.

Secondo Meir Litvak, docente di Storia del Medio Oriente dell’università di Tel Aviv ci sono precise responsabilità sul premier Netanyahu accusato di aver “proiettato negli ultimi mesi un’immagine di debolezza, di una società profondamente divisa e disintegrata con perdita di fiducia nella leadership e odio verso l’esercito da parte di attivisti di estrema destra”. Hamas ha quindi colto un’opportunità per colpire dopo aver preso nota anche del trasferimento di forze dal confine di Gaza alla Cisgiordania per proteggere i coloni.

Adesso parlano le armi.

Quando però sarà ritornata la calma i cittadini israeliani chiederanno conto al loro governo della debacle storica che ha permesso ad Hamas di colpire con razzi e fare ostaggi tra la popolazione mandando in frantumi per sempre la tranquillità di un giorno di festa.

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