Negli Stati Uniti si è chiusa una delle settimane più dense dell'anno. È successo praticamente di tutto. Mentre domenica scorsa prendeva il via il countdown verso il voto del 2024 che sceglierà il prossimo presidente americano, in settimana i democratici hanno vissuto letteralmente sulle montagne russe. Lunedì il New York Times ha pubblicato un sondaggio choc che vede l'attuale presidente indietro in ben 5 Stati in bilico, con Trump che mostra una certa brillantezza. Martedì, invece, all'ultima giornata elettorale prima delle elezioni del 2024 i dem hanno incassato successi importanti: hanno vinto il referendum sull'aborto in Ohio, mantenuto la poltrona di governatore di uno Stato come il Kentucky; vinto Camera e Senato della Virginia. Poi giovedì il senatore dem della West Virginia, il più odiato dalla sinistra americana, Joe Manchin ha annunciato che non si ricandiderà l'anno prossimo, una scelta con doppio effetto domino: il rischio che i dem perdano la maggioranza al Senato e soprattutto che il "cattivo Joe" corra da indipendente mettendo i bastoni tra le ruote a Biden.
In questo marasma, in molti si sono interrogati sul significato dei sondaggi e su cosa il presidente possa (o meno) fare per rimanere al 1600 di Pennsylvania Avenue. Nate Cohn sul New York Times ha scritto che è prestissimo per pensare che questi sondaggi siano una predizione di quanto succederà nella notte del 5 novembre prossimo e soprattutto che Donald Trump abbia già la vittoria in tasca. Però sottolinea una cosa importante e cioè che se questi numeri dovessero essere confermati ci si troverebbe in presenza di "un cambiamento epocale nella politica americana, uno scivolamento tale da riverberarsi nei prossimi decenni". In pratica, spiega Cohn, ci si troverebbe davanti a un sovvertimento di modelli famigliari di politica americana noti da un paio di decenni. In una notte, è la tesi, la polarizzazione razziale e generazionale del Paese svanirebbe.
La contraddizione sullo stato dell'economia Usa
Ma come si è arrivati a questo punto, qual è il punto di origine di tutto questo? Secondo molti il momento in cui l'America ha smesso di fidarsi di Joe Biden è stato quando ha capito che qualcosa nell'economia del Paese non funzionava più. Il paradosso amaro per l'ex vice di Barack Obama è che in realtà i segnali dall'economia americana sono buoni: la disoccupazione è tra le più basse di sempre, la ripresa dopo il periodo pandemico è una delle migliori dell'Occidente, i salari stanno tornando a crescere. Eppure gli americani non si fidano. Secondo il famoso sondaggio del New York Times e Siena College il 59% degli elettori registrati dice che si fida più di Trump che di Biden per quanto riguarda il dossier economico.
Uno schiaffo se si pensa a quanto Biden abbia investito negli ultimi tre anni. Nessuno, sembrano dire i sondaggi, pensa che le Bidenomics e i miliardi di dollari elargiti siano utili per il futuro del Paese. E qui altro schiaffo: se i sondaggisti spacchettano le Bidenomics nei singoli provvedimenti allora gli elettori tendono a premiare il presidente: come è possibile? Per Biden è colpa della pessima copertura dei media e infatti ha speso 25 milioni di dollari per mandare in onda negli Stati chiave spot elettorali sulle sue riforme e sul fatto che le sue politiche rappresentano una svolta rispetto agli ultimi 40 anni fatti di "trickle-down economy che ha limitato il sogno americano a chi stava sopra". Al di là della crociata di Biden contro i media, sotto c'è qualcosa di più profondo, banale se vogliamo, ma indicativo dell'umore di un Paese.
Come si spiega quindi questa confusione? La risposta banale, quanto brillante è arrivata da Lisa Cook. La Cook, che siede nel board della Fed, oltre a essere la prima afroamericana a entrare Banca centrale americana, è stata nominata dallo stesso Biden nel maggio del 2022 e quindi non è una pericolosa repubblicana pronta a criticare il presidente un giorno sì e l'altro pure. Qualche giorno fa, mentre il Times diffondeva i sondaggi che hanno allarmato Biden, è intervenuta a un evento della Duke University e in particolare ha risposto a una domanda sul perché gli americani hanno una prospettiva pessimistica sull’economia nonostante i dati mostrino che è in fermento e non in recessione. "Se l'economia sta andando meglio, se il processo di riduzione dell’inflazione sta continuando perché gli americani sono così turbati?, si è chiesta Cook, che poi ha aggiunto, "perché anch'io sono così arrabbiata? Beh perché anche io, come tutti gli americani mi guardo intorno e mi chiedo quando i prezzi torneranno dove erano prima". Ecco è tutto qui il senso della frustrazione americana, dice la Cook.
Il banchiere della Fed centra esattamente il punto: se è vero che la crescita dell'inflazione si è fermata (come sostiene l'amministrazione Biden) è altrettanto vero che non ci si trova in un momento in cui l'inflazione è scesa. "La maggior parte degli americani non cerca una diminuzione della crescita, cercano proprio una diminuzione dei prezzi, vogliono che i prezzi tornino al livello che avevano prima della pandemia". In sostanza gli americani non sono dei macroeconomisti, nota il Washington Post, ma dei consumatori. Biden può cercare di vendere la bontà delle sue Bidenomics fin che vuole, ma agli americani interessa quanto il portafoglio si svuota e a che velocità.
Tre esempi di prezzi
Che i prezzi stiano mordendo gli americani è chiaro da quasi 3 anni. E infatti bastano tre indicatori, tre esempi, per capire che l'amministrazione ha pochissimo tempo per invertire la tendenza. È il caso del latte. Nel dicembre del 2020, ultimo mese con Trump alla Casa Bianca, un gallone costava 3 dollari e 60, a ottobre 2023 il prezzo è a 4 e 36. E la pancetta? Una libbra di carne di maiale nel 2020 veniva 5 dollari e 83, nel settembre scorso superava i 7 dollari. Ultimo esempio, forse il più importante, è quello del carburante. Alla fine del 2020 si attestava su 2 dollari e 25 a gallone, a inizio novembre il valore alle pompe era di circa 3 dollari e quaranta, un terzo circa in più. Un dato in calo rispetto ai 5 toccati nel giugno del 2022, ma sempre oltre la soglia. E infatti tra il 2021 e 2022 una delle campagne più riuscite dei trumpiani è stata quella di tappezzare pompe di benzina di adesivi con la faccia di Biden e il fumetto "I Did That!" che si può tradurre con "l'ho fatto io". Rhonda Gurney gestisce un piccolo negozio di regali a Sunapee, in New Hampshire e racconta così il suo rapporto con le Bidenomics: "Non capisco davvero dove vada a parare tutta questa cosa", ha detto al Financial Times, "la mia impresa è gravata da costi di spedizione ed energia più alti. Quali sono le politiche a cui Biden continua a riferirsi?".
Il senso degli americani per l'economia
Eppure non mancavano gli strumenti allo staff di Biden per capire le difficoltà con cui milioni di americani si trovano a combattere. Il Washington Post si è chiesto cosa sia "l'economia" per gli americani, cioè a cosa pensino quando danno un giudizio su una presidenza e sul modo in cui questa gestisce il dossier. In un sondaggio condotto la scorsa estate per tastare il polso sulle Bidenomics dell'amministrazione dem e sulle difficoltà a farla capire agli americani, solo il 6% pensava al mercato azionario, appena il 15% al lavoro (tema su cui invece l'amministrazione spinge fino allo sfinimento) e ben il 57% ha detto che il vero indicatore dell'economia di un Paese è il prezzo di beni e servizi. "L'economia fa schifo in questo momento", ha detto sempre a Ft Avonti Fonville, un operaio della Ford che recentemente ha partecipato agli scioperi per l'aumento dei salari nelle imprese del Mid West. "Il costo del cibo è triplicato", ha spiegato, "questo rende le cose difficili. Carne e uova costano di più, per andare a fare la spesa ti serve un mutuo".
L'altro strumento che lo stesso Biden ha/aveva a disposizione per capire quanto la situazione sia delicata è la storia. Il politico del Delaware era al Senato già da sette anni quando ha assistito alla fine della presidenza di Jimmy Carter, battuto alle presidenziali del 1980 da Ronald Reagan. Il flop del presidente dem arrivò dopo quattro anni delicatissimi, sotto i colpi della crisi degli ostaggi dopo la rivoluzione degli ayatollah in Iran e passata in mezzo agli effetti dello choc petrolifero e della successiva inflazione galoppante.
L'intero castello crollò durante l'ultimo dibattito presidenziale contro Reagan che si appellò agli americani con semplici parole: "State meglio rispetto a quattro anni fa? Per voi è più facile andare a comprare nei negozi rispetto a quattro anni fa? C’è più o meno disoccupazione nel Paese rispetto a quattro anni fa? L’America è rispettata in tutto il mondo come un tempo? Pensate che la nostra sicurezza ci sia ancora? Che siamo forti come lo eravamo quattro anni fa?". Domande a cui oggi, milioni di americani, sicuramente non trampiani, risponderebbero di no.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.