È il 22 ottobre 2022, giorno del giuramento del governo Meloni. L'Anm lancia subito un avvertimento al nuovo ministro della Giustizia: «Chiederemo un confronto». È il primo avviso, quello che serve per limitare i confini degli altri e per allargare i propri. Da lì a poco, infatti, il sindacato delle toghe inizia a dettare l'agenda politica, a interferire e a criticare. Dei nove mesi di esecutivo, non ce n'è uno indenne dall'ingerenza dei magistrati.
A novembre tiene banco il dibattito sui rave illegali? E l'Anm stigmatizza la norma del governo bollandola come «troppo vaga».
Passano pochi giorni e le toghe rosse sentenziano pure sull'ergastolo ostativo, evidenziando la necessità di norme transitorie nell'attesa dell'entrata in vigore della riforma Cartabia.
Ma è quando l'esecutivo prova a cambiare lo status quo della magistratura che l'irruenza dell'Anm si fa più virulenta. Basti pensare al dibattito sulla separazione delle carriere. Apriti cielo. A dicembre infatti il presidente dell'Anm Santalucia tuona: «Separare le carriere significa creare la premessa per porre il pm sotto il controllo politico del ministro. Non crediamo che questo sia un miglioramento per la nostra democrazia».
Ma non finisce qui. Il governo pensa a innalzare a 72 anni l'età pensionabile delle toghe e l'Anm sta zitta? Impossibile. «C'è l'effetto di solleticare il carrierismo, lungi dall'apportare gli enfatizzati miglioramenti organizzativi».
Stesso discorso sulle intercettazioni, un dogma praticamente intoccabile per le toghe. «Non ci interessa l'opposizione con la politica», assicura il 16 dicembre 2022 il presidente dell'Anm. Sarà, intanto il giorno dopo lo stesso presidente ha stroncato così le riforme Nordio: «Credo che il nostro sistema di garanzie democratiche non possa fare a meno di azione penale obbligatoria e unità delle carriere: se si toccano questi capisaldi non si fa un riforma in senso liberale ma si pongono le premesse per un controllo politico sull'azione penale». Alla faccia del disinteresse verso l'opposizione con la politica. Non sono mancati poi altri attacchi frontali nei confronti della riforma al processo penale che - a detta dell'Anm - rischia di «comprimere le garanzie dell'imputato e i diritti della persona offesa».
A febbraio impazza poi il caso Cospito e vuoi che l'Anm non sia intervenuta? Ovviamente sì. A marzo è la volta del naufragio di Cutro. Sì, avete capito bene. Il sindacato delle toghe interviene persino sui salvataggi di migranti e sentenzia: «In qualsiasi circostanza venga sempre rispettato l'inderogabile obbligo di salvataggio, che è scolpito nella nostra Costituzione ancor prima che nelle convenzioni internazionali».
Ad aprile lo scontro si accende sull'azione disciplinare di Nordio nei confronti dei giudici del caso Uss. E le parti quasi si invertono, perché è l'Anm ad accusare il ministro di aver attuato «una grave invasione di campo» minando «l'autonomia e l'indipendenza dei giudici». E poi minaccia lo sciopero. «Noi siamo già in stato di agitazione da due settimane».
Passa un mese ed è la volta del Pnrr: l'Anm mette becco pure sul controllo e sull'attuazione del Piano. E che dire dell'ipotesi di riforma dell'abuso d'ufficio? «Buttarlo via è del tutto irragionevole», sbraita l'Anm. A giugno tocca all'ipotesi di eliminare il potere di appello del pm contro le sentenze di assoluzione per i reati non gravi. Non sia mai. Per l'Anm c'è il rischio di «incostituzionalità».
A un certo punto persino Nordio è sbottato ed è passato al contrattacco: «Se il rappresentante di un sindacato di magistrati, prima che fosse noto il testo del disegno di legge, pronuncia tutta una serie di critiche severissime, allora, secondo me in corretto italiano significano interferenze». E come dargli torto?
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